I primi dissidenti, i primi resistenti
I ‘campi’ nazisti non si riempirono solo di gente da eliminare. A riempirli fu anche un popolo di prigionieri di guerra. Una quota di questi era italiana. Una quota rilevante: 650mila uomini, che all’Armistizio si erano rifiutati di arruolarsi nella RSI. Essi furono perciò caricati su treni e smistati in apposti campi di internamento e lavoro, gli Stammlager. A guerra finita, solo una parte di essi fece ritorno in Patria. Alla memoria di questi antesignani della Resistenza è dedicata una mostra, ‘Il treno degli internati militari’, che inaugurata lo scorso venerdì 20 gennaio, sarà liberamente visitabile sino al 25 aprile presso il Museo Ferroviario di Lecce. Allestita all’interno di un convoglio storico i cui carri merci sono dello stesso tipo che ottant’anni fa deportarono i nostri soldati (e pure chi andava direttamente incontro alla Soluzione Finale), la mostra illustra questo poco noto calvario con un percorso di foto e pannelli descrittivi che si conclude nel vagone di testa con la proiezione di un video realizzato dall’Associazione Nazionale Reduci della Prigionia e dell’Internamento. Un contributo determinante all’allestimento di questo convoglio è venuto da uno studioso di Casamassima di cui spesso in passato ci siamo occupati. Da una ventina d’anni Vitoronzo Pastore non si stanca di contattare reduci, famigliari e Associazioni degli stessi e di frugare tra mercatini, mercato online e faldoni polverosi in cerca di testimonianze relative alla sorte dei nostri militari durante le due guerre mondiali. Il risultato di tanta appassionata dedizione è una lunga serie di volumi, uno dei quali, ‘Stammlager, l’incubo della memoria’ (Edita da Suma nel 2018), è dedicato proprio al dramma di cui prima. Un’opera monumentale che si sviluppa sull’arco di 1728 pagine e il cui punto di forza è nell’apparato iconografico. Internati intenti a srotolare balle di filo spinato, scheletri rinvenuti in una fossa comune, prigionieri cenciosi incolonnati per la distribuzione di un tozzo di pane presumibilmente scadente sono immagini che lasciano il segno. Allo stesso modo non lasciano indifferenti testimonianze orali, stralci di corrispondenza e altri documenti di quei giorni orribili. Un libro in perfetta sintonia con ‘Il treno degli internati militari’ per il fatto di rivolgersi non tanto ad un pubblico di incanutiti appassionati quanto ad un pubblico di giovani da plasmare perché evolvano in “fautori di una rinnovata Resistenza contro le ingiustizie del mondo”. Un lavoro che per tensione emotiva è stato avvicinato al gesto pietoso di Lucia Pisapia, la donna di Cava dei Tirreni che al termine dell’ultimo conflitto consacrò il resto dell’esistenza alla raccolta nel proprio territorio dei resti mortali di circa mille soldati tedeschi rimasti senza sepoltura, cosa per la quale venne insignita della massima onorificenza dal governo italiano e da quello tedesco.
Italo Interesse
Pubblicato il 1 Febbraio 2023