Cronaca

I problemi dell’olivicoltura pugliese non si risolvono con i parolai di turno

Se olivicoltori e produttori di olio pugliesi si preoccupano e legittimamente protestano per la decisione della Ue di incrementare le importazioni di olio d’oliva tunisino senza alcun dazio, allora ad essi – secondo qualche parolaio dell’editoria nostrana –  parafrasando un noto verso dantesco del canto XXIX dell’Inferno, si potrebbe in sintesi applicare l’antico proverbio  “Chi è causa del proprio male pianga se stesso”. E causa del “male” (se così lo si vuol definire) in cui versa il comparto più rappresentativo dell’agricoltura pugliese è l’incapacità finora dimostrata dal mondo agricolo locale a saper imboccale la “retta via” (tanto per restare in linea col linguaggio dantesco!) del commercio di qualità. Infatti, stante alla tesi di chi vuol giustificare la sciagurata scelta della Ue, accettata ed avallata sottosilenzio dal governo nazionale, di spalancare le porte ad un prodotto di provenienza extracomunitario che, verosimilmente, metterà a repentaglio la sopravvivenza economica stessa di tantissime aziende olivicole ed oliare nazionali, ma soprattutto meridionali e pugliesi in particolare, la panacea a tutti i fattori che condizionano negativamente il settore dell’olio extra vergine d’oliva italiano, ma pugliese in particolare, sarebbe quella di puntare di più sulla tipicità e qualità delle produzioni, portando a sostegno di tale tesi l’esempio del riscatto dei vini pugliesi, seguito al noto scandalo del 1986 del vino al metanolo. Un riscatto che certamente è stato ottenuto  grazie ad un cambio di rotta nella strategia produttiva del settore vitivinicolo locale, ma che comunque non va dimenticato anche la politica di sostanziosi aiuti impressa al settore dopo quello scandalo, a cominciare dagli incentivi concessi agli espianti per ridurre drasticamente le quantità di uva destinate alla vinificazione e, quindi, ad un forte contenimento di produzione, soprattutto di uva a bassa gradazione zuccherina, che era poi quella che, se trasformata in vino, inflazionava il mercato, creando concorrenza sleale perché con l’aggiunta di metanolo se ne aumentava la gradazione alcolica, oltre che le quantità di prodotto. Quindi, paragonare il settore pugliese dell’olio d’oliva a quello del vino, per affermare che il percorso necessaria a riscattare il settore dovrebbe essere lo stesso, è alquanto semplicistico se non addirittura fantasioso. Infatti, trattasi di settori sia pur simili, ma non identici per condizioni e situazioni economiche e di mercato. Il traguardo finale dell’olio d’oliva pugliese deve essere certamente quello di raggiungere il “top” in termini di qualità e, quindi, la sua valorizzazione al meglio, come lo è stata per il vino, ma per raggiungere tale obiettivo non possono farlo di sicuro da soli i produttori con l’organizzazione di filiera o di prodotto, poiché è innanzitutto necessario che Istituzioni nazionali, oltre che comunitarie, facciano la loro parte fino in fondo per determinare e facilitare l’inversione di rotta nel comparto. Ed in tale settore, per le Istituzioni, fare la propria parte significa innanzitutto semplificare le norme, rendendole precise e chiare, a cominciare dalla classificazione e dalla trasparenza nella tracciabilità, oltre che nelle sanzioni da applicare a chi le viola. E soltanto dopo aver messo, per così dire, i puntini sulle “i” si dovrebbe poter prendere in considerazione e, forse, giustificare l’immissione sul mercato europeo, ed italiano in particolare, di olio extracomunitario senza dazi. Altro che produttori olivicoli ed oleari a dare la scossa al settore. Questi sono invece le vittime di una politica fatta al ribasso e di svendita del settore ad altri interessi rappresentati da un’imprenditoria commerciale e speculativa ben organizzata, oltre che da cordate di lobby internazionali molto influenti sul governo nazionale ed europeo. Per cui il quadro con cui ci si scontra nel settore dell’olio d’oliva è di gran lunga più complesso di quello che spesso racconta chi, senza alcuna competenza nel settore, né tantomeno corrispondenza nella realtà, si preoccupa evidentemente soltanto di tentare di giustificare scelte politiche sicuramente sbagliate ed autolesionistiche per il Paese rappresentato, oltre che palesemente scandalose. Per la cronaca, rendiamo noto che domenica 31 gennaio, alle ore 9,30 a Palazzo Dogana (in piazza XX Settembre) a Foggia, il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, incontrerà i rappresentanti delle Organizzazioni agricole pugliesi. L’incontro è stato sollecitato da Confagricoltura Puglia affinché il governatore pugliese sia aggiornato in tema di olio d’oliva e sullo stato di agitazione di tale comparto in Puglia, dopo le recenti e note novità provenienti da Bruxelles. “Assistiamo ad un assedio costante della nostra produzione agricola di maggiore pregio da parte dell’Unione europea” ha dichiarato in una nota Donato Rossi, presidente di Confagricoltura Puglia, che ha inoltre affermato: “Vogliamo che la Regione Puglia si faccia carico con urgenza di questo dossier”. Infatti, il presidente di Confagricoltura Puglia ha poi concluso: “L’olio d’oliva italiano è evidentemente sotto attacco e abbiamo bisogno di un impegno forte delle istituzioni a tutti i livelli, a cominciare dal livello regionale, perché si cambi rotta, al più presto”. E questa è la realtà dei fatti a cui bisogna dare le risposte che non sono certo quelle dei parolai di turno.

           

Giuseppe Palella


Pubblicato il 29 Gennaio 2016

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