I sette e il segreto del Palatino
Dove va la nuova narrativa? L’impressione è che essa si muova in direzione di un popolo di ‘spettatori’ piuttosto che di lettori. E’ innegabile che al crescere del numero degli scrittori corrisponda il contrarsi di quello dei lettori, non quello dei fruitori ‘visivi’ dell’opera d’arte letteraria. L’ultimo romanzo del nostro Ivano Accettura, ‘Nel nome di Roma’, ce lo fa pensare. Romanzo storico-avventuroso, per dirla con lo stesso autore, ‘Nel nome di Roma’ punta dritto all’immagine. Quasi una sceneggiatura, con astuzia immerge nell’epopea della città eterna una storia che strizza l’occhio a Indiana Jones. Diventasse un film o una fiction, l’opera di Accettura contenterebbe senza difficoltà una platea assetata di mistero e thriller, di effetto speciale ed effetto Nostradamus, di enigmi da ordine iniziatico e scene girate a ritmo vertiginoso. Non si può dire che qui si lesini con gli ingredienti. Apparizioni, ‘presenze’, luoghi inviolabili, sigilli, antiche pergamene, reincarnazioni e tesori favolosi, la camorra, il Male e il Bene impegnati in un braccio di ferro senza tempo convergono a costruire un intreccio via via più fitto in vista della rivelazione finale. Accettura procede in crescendo e, secondo uno schema caro a certa cinematografia USA, pigia gradualmente sull’acceleratore e guarda al futuro ; un futuro affatto lontano (frequentemente nel libro si accenna ad una “convergenza cosmica” del 2 agosto 2014). ‘Nel nome di Roma’ è la vicenda di sette giovani dell’era globale ma dai nomi rigorosamente latini che un Professore, un Frate e un destino lontanissimo chiamano ad una ‘mission impossible’ : svelare il grande segreto del Palatino. Potentissimo qui il richiamo del passato, richiamo che viene dalla città fatale per eccellenza, colta all’apice della gloria in un clima apologetico. Stralci da Catullo, Livio, Virgilio, Orazio e Seneca aprono i ventidue capitoli ; sembrano iscrizioni scolpite sull’architrave d’ingresso di un tempio. E poi c’è la freschezza di questi ragazzi che, fragili e vaghi in apparenza, una volta chiamati al ‘dovere’ si svelano degni discendenti di una ‘gens’ che ha scritto la Storia. Accettura mette al primo posto l’obiettivo, a servizio del quale pone lo stile. La sua prosa, essenziale e lineare, nel suo fuggire ogni tentazione letteraria avvicina il libro, forse involontariamente, al filone della narrativa per ragazzi. Possiamo allora tornare allo spunto di partenza : Dovesse diventare un film, un testo come ‘Nel nome di Roma’ in che mani potrebbe essere affidato? Se la Walt Disney Productions volesse affidarsi a Steven Spielberg… Sognare è sempre lecito.
Italo Interesse
Pubblicato il 9 Maggio 2014