Cultura e Spettacoli

I tedeschi gettarono la medaglietta nel fuoco

Nato nel 1922 a Castrignano dei Greci e morto nel 1987, Angiolino Cotardo è stato il massimo studioso e difensore del griko, l’idioma greco-salentino. Quand’era maestro, nell’anno scolastico ’72-‘73 fu incaricato dal Provveditore agli Studi di Lecce di sperimentare l’insegnamento di quella lingua che a quel tempo era a rischio estinzione. Dalla sperimentazione nacque ‘Glossa Grica, una  grammatica per l’apprendimento del greco salentino e del greco moderno. ‘Glossa Grica’ non è stata l’unica pubblicazione di Cotardo. ‘Castrignano dei Greci’ è un saggio scritto per “carità del natio loco”. ‘Il tempo non cancella’ e ‘Stralci degli anni miei’sono raccolte di ricordi personali. Sfogliando quest’ultimo volume ci ha colpiti la pagina relativa al Natale del 1941. Cotardo e alcuni compagni, benché giovanissimi avevano ricevuto la cartolina precetto di chiamata alla leva con un certo anticipo “per esigenze di carattere occasionale”, formula soft con cui una Patria lanciata in una guerra suicida e gratuita mascherava la necessità di rastrellare gli ultimi giovani da gettare sul campo di battaglia, quasi fiches residue di un giocatore in serat-no incaponito nel gioco al rialzo. Dopo che un giovane professore e già in divisa di tenente ebbe tenuto un  discorso esaltando la guerra e il Duce, gli alunni richiamati furono convocati nella saletta della presidenza. “Il Preside chiude la porta. Volle salutarci personalmente. Non disse belle parole come il professore-tenente ma semplicemente ci augurò di tornare presto nei banchi a riprendere gli studi interrotti. Poi ci strinse la mano ad uno ad uno. Lui, sempre severo, quasi burbero, in quel momento sembrava stanco e invecchiato. Stringendoci la mano, provocò in noi imbarazzo e commozione”. Anche a casa l’atmosfera era insolita. “Mia madre cercava di preparare i cibi natalizi come nei tempi di pace, anzi, sembrava più indaffarata del solito. Parlava di tutto meno della mia partenza, non mi guardava negli occhi. Mio padre, invece, era divenuto più silenzioso e lo vedevo spesso seduto a fumare preso da tristi pensieri”. I giorni di festa in casa Cotardo passarono in un clima di attesa così pesante che il giovane Angiolino fu “quasi contento” quando si svegliò la mattina della partenza”. Straziante il distacco dalla madre : “Mi baciò, poi prese dalla tasca del grembiule un sacchettino di panno appeso a una cordicella e me lo appese al collo. Cercai di scherzare:  Che c’è dentro? dissi e con febbrile rapidità lo aprii e vidi una crocetta inargentata, la baciai e la strinsi al mio pugno. Figlio, mi disse con gli occhi pieni di lacrime questa crocetta era di tua nonna e per questo a me è tanto cara; ti proteggerà dalle malattie e dalla guerra. Mi abbracciò, poi mi scostò da lei. Riportamela, disse scoppiando in lacrime e, spingendomi fuori dalla porta, continuò: Vai, vai…”. La crocetta protesse veramente Angiolino Cotardo, che però non potette restituirla alla madre. Durante la prigionia gli fu strappata senza motivo dai tedeschi e gettata al fuoco.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 22 Dicembre 2012

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