Cronaca

Il 2 dicembre 1943 e quel segreto militare nascosto per 70 anni

Nonostante i 70 anni trascorsi dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, non è un mistero che gli eventi storici più scomodi, soprattutto quelli che riguardano gli atti bellici degli “Alleati” vincitori, siano stati coperti fino ai giorni nostri dal “segreto militare” .  Ed uno degli eventi più tragici, passato alla storia come “La Pearl Harbour del Mediterraneo”, riguarda proprio la città di Bari. Le truppe angloamericane, infatti, dopo lo sbarco in Sicilia volevano risalire la penisola italiana: i grandi aeroporti del Mezzogiorno d’Italia erano nelle mani degli americani, che li convertirono in poderose basi dalle quali far partire le incursioni nelle retrovie nemiche. Prima dell’armistizio dell’8 settembre i raid degli “alleati” avevano già compiuto enormi stragi a Napoli, Foggia e Salerno. Venne risparmiata, invece, la città di Bari per il suo ottimo porto e per la sua posizione strategica rispetto agli aeroporti di Foggia, Gioia del Colle e Grottaglie. Ma alle 19.25 del 2 dicembre 1943 gli aviatori tedeschi della “Luftwaffe” attaccarono la flotta angloamericana affondandone diciassette navi ancorate al porto. Ma ad uccidere più delle bombe piovute dal cielo fu l’esplosione di una delle navi straniere colpite, la statunitense  ‘John Harvey’, che scoppiò col suo carico di cento tonnellate di bombe all’iprite, un gas pericoloso, tossico e vescicante, dal caratteristico odore di senape e dagli effetti mortali tanto da essere vietato dalle convenzioni internazionali. Inoltre l’altra devastante conseguenza dell’esplosione fu la fuoriuscita di una grande quantità di sostanze tossiche che contaminò le acque del porto, causando un migliaio di vittime tra militari e civili oltre che centinaia di feriti. Si trattò del più grave episodio di guerra chimica del secondo conflitto mondiale, tanto che Bari fu la prima città dalla quale partirono gli studi sugli effetti della chimica sulle persone. E molti degli ordigni contenuti nella “Harvey” giacciono tutt’ora inesplosi nel nostro mare e rappresentano un pericolo concreto ancora oggi. Solo pochi uomini a bordo conoscevano il contenuto di quel carico, coperto dal più assoluto segreto. Ma come mai quella nave carica di materiale proibito in guerra era ormeggiata proprio nel nostro porto? A chi erano destinate le bombe dal contenuto illecito detonate sotto il fuoco dell’aviazione tedesca? Nei giorni successivi al bombardamento nemico, la Sanità Militare americana inviò in Italia degli ispettori, affinché redigessero un rapporto esauriente sulle “strane” morti avvenute a Bari. Secondo il Maggiore Infeld dell’Aeronautica statunitense, il primo ministro Churchill dispose che: <>. Le ustioni furono quindi classificate per causa “Not yet identified” (“Non ancora identificata”). Gli inglesi, in effetti, non potevano ammettere che, in un porto da loro controllato, fosse avvenuto un episodio di guerra chimica di così notevole portata e gli americani non potevano ammettere che fosse stato affondato un numero di navi pari a quello di Pearl Harbor. Inoltre, a causa delle reticenze degli alti comandi militari, perirono moltissimi soldati, che si sarebbero potuti salvare se non fossero stati curati soltanto per i sintomi da shock. Altrettanto avvenne per alcuni civili. L’episodio di Bari doveva passare quanto più inosservato possibile a differenza dell’altro – quello di Pearl Harbor –  che fu amplificato a dismisura per giustificare l’entrata in guerra e la successiva sperimentazione della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki. Ma la questione più grave è che questa pagina importante della storia della città, della quale per anni non si è potuto parlare, è ancora poco conosciuta dai cittadini baresi. Fino a qualche anno fa il ricordo di ciò che avvenne, era impresso nelle sole testimonianze di quei cittadini sopravvissuti prima al bombardamento e poi all’inesorabile trascorrere del tempo. E proprio in occasione del 72° anniversario del bombardamento della città che il movimento CasaPound Italia ha organizzato un sit-in alle ore 17.00, nei pressi del varco dogana del porto di Bari, dove verrà esposto uno striscione in memoria delle vittime. E se la storia è maestra di vita questo atto di guerra, a distanza di tanti anni, può essere considerato un monito per comprendere l’attuale crisi diplomatica internazionale che continua ad alimentare e finanziare odio e terrorismo, con le ben note conseguenze, e che non è ancora riuscita a scongiurare del tutto la possibilità di nuovi attacchi (anche chimici) contro l’umanità. Chissà quanti altri ‘segreti militari’ nascondono le coscienze di coloro che per attuare un progetto folle e criminale esportano, con l’uso delle bombe, la ‘pace’ e la ‘democrazia’ nel mondo a partire dal lontano 1943.

Maria Giovanna Depalma


Pubblicato il 2 Dicembre 2015

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