Cultura e Spettacoli

Il basilisco dietro la Lycosa

Lo stendardo di un comune pugliese (Sternatia) reca l’immagine di una creatura a metà strada fra il rapace e il sauro. E’ la rappresentazione del basilisco, animale leggendario a proposito del quale i bestiari medievali sono prodighi di amenità. Una di queste attribuisce al basilisco il potere di pietrificare o incenerire i malcapitati che ne incrociano lo sguardo (ma per il basilisco è mortale il morso della donnola, come illustra la miniatura posta a corredo di queste righe). Gli altri comuni italiani nei cui stendardi sia rappresentato il basilisco, li troviamo ancora a sud e tutti in Basilicata (Lauria, Teana, Melfi e Venosa), ovvero quella stessa fascia di Mezzogiorno che Ernesto De Martino studiò nel suo ‘La terra del rimorso’. In quest’opera fondamentale per un’indagine moderna sul fenomeno del tarantismo, l’etnologo partenopeo allarga il campo dell’animale-pretesto assunto a responsabile di questa pittoresca forma di ‘fascinazione’ . Un campo che non contempla unicamente la Lycosa Tarentula, ma pure altre bestie giudicate ributtanti. E indipendentemente da un contatto fisico. In altre parole, nel caso di soggetti psicolabili, analfabeti e d’infima estrazione sociale anche il solo sguardo di una serpe, di un geco, un rospo, un ratto, un pipistrello, uno scorpione o un cane rabbioso bastava a scatenare il noto fenomeno isterico. Nelle testimonianze puntualmente confuse di questi soggetti il (presunto) responsabile del morso finiva con l’assumere le caratteristiche genetiche di altre creature indesiderate. Il resto lo faceva la fervida fantasia di popolani mentalmente devastati dal concetto di Colpa e Tentazione. Sicché rettili, roditori, chirotteri, aracnidi, canidi ed anfibi, come per effetto di un perverso disegno d’ingegneria genetica, concorrevano a dare vita ad ibridi da incubo. Invenzioni come l’ippogrifo, il centauro, la sirena, il liocorno, il drago, il grifone l’arpia ed altri ‘mostri’ rispondono alla stessa esigenza : rappresentare il sonno della ragione. Qui a Mezzogiorno il basilisco rappresentò questo vuoto del buonsenso più di tutti gli altri animali mitologici. Nel Salento, dunque, c’era un basilisco dietro ogni animale ributtante e come tale accreditato della capacità, ovviamente ‘maligna’, di incantare uomini e donne, a cominciare dalla Lycosa. E se per secoli questo aracnide ha spadroneggiato nella casistica del tarantismo lo si deve unicamente alla sua enorme diffusione nelle campagne, dove lavorava il 90-95% dei tarantati ; un fattore, questo, che consentiva di riportare nell’ordine del quotidiano fatti che sfuggivano ad un sapere comune alquanto limitato. A metà strada fra Maglie e Lecce, Sternatia si colloca nel cuore del tacco del Belpaese, storico habitat del fenomeno del tarantismo. Il basilisco non poteva trovare città più salentina per essere rappresentato.

Italo Interesse

 

 

 


Pubblicato il 9 Giugno 2015

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