Cultura e Spettacoli

Il beat… va in gloria

 
Dopo la fuoriuscita di Miki dei Rossi, è più corretto – a proposito de Le Orme (la più longeva prog band italiana) – parlare di Aldo Tagliapietra e compagni. Tagliapietra, infatti, è l’unico fra tanti componenti presente in questa mutevole formazione sin dai primi giorni, ovvero quelli dei 45 giri, del Piper Club, del Cantagiro e di ‘Un disco per l’Estate’. Erano i giorni di ‘Fiori e colori’, primo singolo targato Le Orme. Era il 1966. Nell’attuale ‘solitudine’ di Tagliapietra è possibile leggere la fine di un’era durata una quarantina d’anni. Ciò stimola il nostro Oronzo Balzano (è di Cerignola),  massimo cultore italiano de Le Orme e già autore di una interessante monografia in proposito edita nel 2007 da Bastogi, a riflettere sulla genesi di questa band. Introdotto da Nino Smeraldi (fondatore del ‘complesso’, come si diceva all’epoca) e accompagnato dalla prefazione dell’ottimo Donato Zoppo (altro cultore dell’italian-prog), “Ad Gloriam, Le Orme e il Beat” (Enter Edizioni, 2011) esplora la genesi di un fenomeno socio culturale con la meticolosità dello studioso e l’entusiasmo del fan. Riccamente illustrata, suddivisa in undici agili capitoli, corredata dei testi dei primi 45 e di altre curiosità, l’opera si arricchisce anche di un’intervista dello stesso Autore a Tagliapietra e Claudio Galeti (componente della prima formazione). C’è un passo di questa conversazione che merita attenzione. Nel ’66 Nino Smeraldi voleva stravolgere le cose innestando una voce tipicamente rock. Perciò Balzano chiede ad Aldo (la cui voce è tutt’altro che tipicamente rock) cosa ne pensa a posteriori di quell’idea. La risposta: “Io non ero in disaccordo sul fatto di cambiare cantante ma sul fatto che il nuovo cantante era austriaco e aveva una pronuncia di fuori porta come dicono a Roma. Oggi continuo a pensare che fu un’idea sbagliata”. E se invece Tagliapietra si fosse fatto convincere?… I più oggi convengono che mai le armonie delle Orme avrebbero potuto prescindere dalla voce delicata e densa di fresco lirismo di Aldo Tagliapietra. In altre parole, con l’innesto di una voce alla Bernardo Lanzetti, Demetrio Statos o Francesco Di Giacomo questo gruppo sarebbe entrato nella leggenda del prog rock italiano? Crediamo di no. Vero è pure che col gioco dei ‘se’ si può arrivare dove si vuole e perciò pure a concludere che col suo talento un Tagliapietra avrebbe comunque trovato come adattare parole e note alla diversa cifra canora e Le Orme sarebbe divenuta  tutt’altra realtà, magari altrettanto valida e longeva che quella ancora oggi rappresentata. Solo che in questo modo cose tipo ‘Amico di ieri’, ‘La porta chiusa’ o ‘Canzone d’amore’ sarebbero rimaste in cielo, come bambini ‘respinti’. Meglio aver lasciato il mondo com’era, allora. Dicevamo in apertura che Balzano trova ragione di tornare a studiare in embrione il gruppo che gli ha segnato la vita (e al quale ha consacrato buona parte di essa) nella sensazione che il fenomeno si sta avviando al capolinea. Il che ci fa immaginare quante volte Balzano, finito di ascoltare per la prima volta un microsolco de Le Orme, abbia sollevato il braccio del giradischi per riposizionarlo all’inizio a rinnovare la magia. Auguriamoci che le Orme, raccolte attorno a Tagliapietra o Dei Rossi che sia, non intendano mettere la parola fine all’ideale long playng sul quale si raccoglie tutta la poesia di una pagina autenticamente italiana del progressive rock, o rock progressivo, come Balzano con affetto tricolore preferisce.
italointeresse@alice.it 
 
 
 
 
 
 


Pubblicato il 3 Settembre 2011

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