Cultura e Spettacoli

Il buon senso del malvagio

Una delle pagine più belle de ‘I fratelli Karamazov’ è quella in cui Ivan parla al fratello Alëša  de ‘Il grande Inquisitore’, un poemetto allegorico ambientato in Spagna che egli ha in progetto di scrivere : Dopo quindici secoli, Cristo torna in terra. Riconosciuto, viene subito imprigionato dal Grande Inquisitore, il quale, dopo avergli annunciato l’imminente morte, lo rimprovera d’essere tornato a disturbare l’uomo, di non aver capito chi è l’uomo, di non aver capito che l’uomo ha bisogno del Diavolo, non del Salvatore. Per tutta riposta, Gesù, che nel corso di tutta la requisitoria non ha aperto bocca, lo bacia sulle labbra. Sconvolto, l’altro lo rimette in libertà ingiungendogli di non tornare più… Un testo folgorante che Irma Immacolata Palazzo ha messo in scena per un molto atteso allestimento dell’Associazione Culturale Vagabonda Blu (il lavoro è stato in cartellone al Nuovo Abeliano fra venerdì e sabato scorsi). La Palazzo affida al bravo Sebastiano Nardone la parte di Ivan e fa di Roberta Laguardia una versione femminile di Alëša. A vestire i panni del Grande Inquisitore è Cosimo Cinieri, mentre Bibiana Carusi è un Cristo discreto e statuario, elegantissimo e seducente. Brevi momenti di buon fraseggio teatrale fra i due fratelli intervallano il lungo, solenne monologo dell’Inquisitore affidato alla voce di un Cinieri ispirato sì, ma statico dietro il suo leggio. Una messinscena avara d’azione, tuttavia preziosa per il fatto d’essere ‘attraversata’ dalla proiezione di stralci di un video risalente agli anni settanta, e di cui si era smarrita la memoria, nel quale un giovane Cinieri è protagonista di una solitaria Passione per le vie del quartiere San Paolo. Un documento prezioso non tanto per l’intensa interpretazione di Cinieri quanto per il colore pasoliniano dell’operazione. Scalzo, sotto il peso di una croce vera, il capo cinto d’un’autentica corona di spine che gli insanguina il viso, Cinieri incede fra ali di popolani che non lesinano commenti. Espressioni d’incredulità, di scetticismo e di sentimento pagano s’intrecciano in un’ibrida colonna sonora di voci fuori campo : Una fiera della banalità e dell’ipocrisia, una manifestazione di fede epidermica, sensibile alle lusinghe dello spettacolo – specie quando di matrice cine televisiva – fa da corredo, proprio come duemila anni prima in Palestina, all’andare in scena un po’ controvoglia di un Cristo incompreso e paziente. Una trovata che sarebbe comunque spiaciuta al Grande Inquisitore,  questa straordinaria intuizione di un Mercato globale e puparo. Il malvagio buon senso del Supremo Fratello esclude la replica dello show della Passione. Perché non si sa mai, metti caso questa volta finalmente l’umanità spalanca gli occhi e si redime, che cosa metti più sotto il tallone?

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 8 Novembre 2016

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