Il Calendario del Popolo per raccontare giorni migliori
Quando, durante l’incontro organizzato alla Feltrinelli, è stato chiesto all’uditorio chi conoscesse “Il Calendario del Popolo”, ben pochi hanno alzato la mano. Eppure si tratta di uno storico periodico, “una delle più longeve riviste italiane” che merita un ruolo di rilievo nel panorama informativo – e non solo – italiano. Oggi vuole tornare all’attenzione dei nuovi lettori ed è disponibile presso le librerie Feltrinelli, librerie indipendenti e per abbonamento. C’è anche il sito internet: www.calendariodelpopolo.it. A testimoniare la sua rilevanza, a Bari c’erano Nichi Vendola, il prof. Luciano Canfora e Moni Ovadia che sono tra gli articolisti del numero 750 (tra gli altri segnaliamo anche Milly Moratti, Luciana Castellina, Carlo Benedetti). Nato nel marzo del 1945 – quindi a Guerra Mondiale appena all’epilogo – il Calendario del Popolo si distinse per la sua funzione divulgativa e di promozione di varie iniziative culturali di alto livello. Oggi – questo l’intento – “vuole essere un ponte tra la memoria storica e l’acquisizione di nuovi strumenti critici adatti a interpretare i nuovi tempi in continuo cambiamento”. Ricordiamo i suoi direttori: “Giulio Trevisani, Carlo Salinari, Franco Della Pemuta, oggi Sandro Teti. Il prof. Canfora ha sottolineato la collocazione “illuminista” della rivista: “un tentativo – ha detto – di dare voce ad una cultura non accademica seria, di diffondere ovunque la conoscenza”. Anche il segretario del Partito Comunista Togliatti definì questo orizzonte per la rivista per la quale “in questa situazione temporanea pessima – ha concluso Canfora – c’è la speranza che minoranze illuministiche alla fine vincano”. Il Presidente della Regione Vendola, nato nel 1958, ricorda il giornale: “Il Calendario era una specie di mito – ha detto – un esercizio critico rispetto alle idee dominanti”. Poi ne ha attestato l’attuale bontà: “Come si può far politica se non si ha cognizione del cammino compiuto?. Mi auguro sia un Calendario di giorni migliori: ce ne possiamo riappropriare con gli strumenti della cultura”.
Adriano Cisario
Pubblicato il 7 Marzo 2011