Cultura e Spettacoli

Il canto, suono che sana

Chiunque abbia apprezzato solo su disco le Faraualla, può dire di conoscere solo metà della vis comunicativa del già storico quartetto di casa nostra.  Per far suo l’altro mezzo dovrà assistere almeno una volta a un concerto di questo complesso vocale tutto al femminile. Ce ne siamo convinti avantieri alla Vallisa dove le Faraualla erano in cartellone per il secondo appuntamento di ‘Di Suoni E Di Danze’, la rassegna che da sei anni Terrae porta avanti. Una vis comunicativa che non conosce tempo, che fa pensare ora a baccanti, ora a tarantolate. Paludate di bianco, avvolte in una foggia d’abito non lontana dalla tunica e che perciò evocava atmosfere da Magna Grecia o da paesi del terzo mondo dove feste e riti propiziatori ancora non sono stati rinnegati, le Faraualla hanno esemplificato che l’umanità – erba cattiva di questo mondo – non vuole, non può morire. Consolazione di non poco momento in tempi di appiattimento globale. Questa percezione di vitalità si fa forte in brani come ‘Quingui’, filastrocca che ispira l’immagine di bimbi africani felici e sorridenti pur in mezzo a baracche, o come ‘Rumelaj’, vibrante canto da accampamento da eseguire a sera attorno al fuoco e che annulla le distanze tra il presente rom e il passato dei nostri più remoti progenitori. E che dire di un ‘Ogni male fore’? Qui l’arte del sanare evade i confini della preghiera e del farmaco e si volge verso il potere salvifico del suono puro, sia esso colpo di tamburo, clangore di nacchere e campane o canto reiterato sino a raggiungere la frequenza vibrazionale necessaria a produrre mutamenti benefici nelle cellule dell’organismo (canta che ti passa, dicevano gli antichi, e ne ‘La terra del rimorso’, annota De Martino, la Lycosa veniva combattuta anche col solo esorcismo vocale). Un concerto affollato e applaudito, eseguito del tutto in acustico (che bella risposta la pietra della Vallisa), anche brioso. La capacità di drammatizzazione delle Faraualla ha toccato l’apice con ‘Popoff’, una cover personalissima e originale, divertita e divertente che ha fatto impallidire quanto a colore persino l’interpretazione con cui il piccolo Valter Brugiolo portò questa canzoncina al successo nella IX edizione dello Zecchino d’Oro. Resta da dire del lato coreutico dello spettacolo, affidato a Maristella Tanzi. La brava danzatrice barese, figura di spicco della compagnia di danza Qualibò, si è prodotta quattro volte su altrettanti brani. Quattro interventi misurati e caldi, carezzevoli ed energici, sempre in sintonia col colore degli impasti vocali.
 
Italo Interesse
 


Pubblicato il 30 Dicembre 2011

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio