Cronaca

Il caso Pasculli:le motivazioni della condanna

 

Non ci fu alcun tentativo di concussione al presidente della cooperativa sociale “Opera P” di Carbonara, Raffaele Magrone, da parte dell’ex assessore comunale ai contratti ed appalti della giunta Emiliano, Lino Pasculli, che è stato però condannato dal gup del Tribunale di Bari, Antonio Diella, per aver cercato di aiutare a trovare un posto di lavoro ad un disoccupato, mantenuto dalla madre ultraottantenne che percepisce poco più di quattrocento euro mensili, a titolo di pensione sociale. Il dispositivo di condanna a due mesi, con tutte le attenuanti di legge, è noto dal 12 novembre scorso, quando terminò il processo con rito abbreviato a carico di Pasculli. Le motivazioni della condanna però sono state rese note da qualche settimana e dalla lettura completa della sentenza emerge che, secondo il giudice di primo grado, l’ex assessore di Emiliano è responsabile di istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.), poiché avrebbe promesso alla cooperativa di Magrone la proroga del servizio di pulizia degli uffici comunali in cambio dell’assunzione di un bisognoso. Il gup, pur non riconoscendo alcun reato di concussione, come ipotizzato dal pm che ha incriminato Pasculli, gli ha tuttavia addebitato una responsabilità penale minore, l’istigazione alla corruzione per l’appunto, in quanto avrebbe segnalato alla ditta interessata al rinnovo dell’appalto il nome di un lavoratore, sia pur in condizioni disperate, da assumere. Infatti, sempre secondo le motivazioni del giudice Diella, l’ex assessore comunale ai contratti ed appalti si rese comunque responsabile di una richiesta illecita al presidente della cooperativa, senza però avergli mai proferito minacce neppure implicitamente, ma limitandosi unicamente a chiedere un’assunzione per un  conoscente in cerca di lavoro. Pasculli, come è noto, si è sempre difeso sostenendo anche con prove testimoniali che era stato il presidente della cooperativa ad offrirsi per risolvere il caso di quel disoccupato, dopo che aveva assistito ad una richiesta di aiuto rivolta allora assessore Pasculli da parte del lavoratore in cerca di occupazione. Episodio a cui, secondo lo stesso Pasculli, assistettero anche altre persone, poi chiamate a testimoniare nel processo che lo ha riguardato. Ora che le motivazioni della condanna sono state rese note, l’ex assessore ai contratti ha 45 giorni di tempo dalla data della notifica per presentare appello. Ed è verosimile che Pasculli ricorrerà al giudizio di secondo grado per far riformare una sentenza che lo condannerebbe ingiustamente, in quanto lo stesso ha già sostenuto dinnanzi al gup che il caso giudiziario che lo riguarda è frutto di un “complotto” orchestrato dal sindaco, Michele Emiliano, che nel luglio del 2011 lo denunciò con l’intento di costituirsi una giustificazione non politica, per rimuoverlo dall’esecutivo. Rimozione che, come si ricorderà, avvenne il 24 ottobre successivo, quando Emiliano conobbe stranamente in anticipo, rispetto al Pasculli, la notizia della richiesta di rinvio a giudizio dell’assessore, proprio a seguito della denuncia del Sindaco. E’ pure noto che in precedenza l’ex assessore Pasculli si era più volte scontrato politicamente con Emiliano, sia quando sedeva in consiglio comunale, sia successivamente quando era entrato in giunta, su alcune delicate questioni amministrative che riguardavano un altro componente dell’esecutivo, Annabella Degennaro, che era in evidente conflitto d’interesse per i noti rapporti che l’impresa di famiglia, la Dec, intratteneva con l’Amministrazione barese. Un’altra vicenda di scontro tra Pasculli ed il sindaco Emiliano, come si ricorderà, si verificò nel maggio del 2011 sul caso della “fantomatica” autorizzazione all’Avvocatura comunale a chiedere il fallimento dell’A.S. calcio Bari, per dei vecchi crediti in sospeso, pur in presenza di pendenze debitorie del Comune con altre società della famiglia Matarrese e del notevole danno economico e di immagine che tale richiesta avrebbe procurato alla locale squadra di calcio, in particolare, ed alla Città di Bari in generale. Pasculli, infatti, per questo ha sempre sostenuto la tesi del complotto e si è difeso dimostrando, anche nel processo, che l’ assessorato di cui era titolare non aveva alcuna effettivo potere a riguardo del bando di gara che sulla proroga del servizio in questione. Infatti, come è emerso già nel processo dinnanzi al gup, per quel servizio di pulizia non ci fu né proroga e, soprattutto, non vi fu alcuna assunzione da parte della cooperativa “Opera P”.  Ai fini del processo, evidentemente, sono state ritenute attendibili le dichiarazioni di Angelo Pansini e Stefano Fumarulo, oltre che quelle del direttore generale del Comune, Vito Leccese, che sono stati tutti sentiti dal giudice Diella in qualità di testi o persone informate sui fatti. Ma, come è noto, Pansini e Fumarulo, sono due consulenti dello staff personale del Sindaco e Leccese è direttore in quanto persona di fiducia del Primo cittadino. Per cui sicuramente, in caso di appello, la difesa di Pasculli non rileverà tali circostanze. Come pure non potranno essere rilevate alcune contraddizioni di Magrone, che durante le indagini aveva dichiarato che era Pasculli a cercare lui, mentre dai tabulati telefonici che la Procura stessa ha esibito in giudizio emerge invece che è Magrone che aveva più volte telefonato all’allora assessore ai contratti. La tesi difensiva di Pasculli di un complotto a suo danno è, quindi, tutt’altro che fugata dalle motivazioni della sentenza di primo grado. Anzi, i dubbi al riguardo sono ancora maggiori quando si nota che Magrone ed Emiliano nel processo si sono costituiti parte civile con avvocati, rispettivamente Magistro e Grandaliano, che sono stati anche colleghi di studio e che il primo e pure affidatario di qualche pratica dell’Amiu, proprio grazie al secondo. Circostanze che non sempre possono essere casuali.     

 

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 22 Marzo 2013

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