Cultura e Spettacoli

Il clic, lo Zen e l’arte fotografica

Quale il fine dell’arte fotografica quando correlata al dovere di cronaca? C’è di che interrogarsi a Sala Murat, che sino a domenica 23 ottobre ospita World Press Photo 2016, questa consolidata rassegna di fotogiornalismo internazionale. La presente edizione testimonia in prevalenza guerre, fughe, emarginazione e solitudine in un clima di resa della speranza. Cacciatore d’immagini da prima linea, il fotoreporter dell’era globale ha fatto sua la lezione dei Maestri dell’arte fotografica ma ne è rimasto schiavo, nel senso che anche nelle circostanze più drammatiche, persino agendo ai limiti dell’invadenza non sa scrollarsi di dosso il senso del narcisismo. Sicché tende a ‘cercare’ o a ‘rubare’ scatti invece che ‘attenderli’. Ne risente il risultato finale, queste immagini che si compiacciono di sé stesse, che non smettono di specchiarsi. World Press Photo 2016 ci ha riportato alla mente ‘Lo Zen e il tiro con l’arco’, di Eugen Herrigel. In quest’opera l’autore tedesco racconta del suo approccio allo Zen attraverso una delle arti in cui questa non-disciplina del pensiero si applica da secoli. Non serve tendere l’arco per raggiungere il bersaglio, questo in sintesi l’insegnamento del Maestro incontrato da Herrigel, l’obiettivo è invece fare un ‘buon’ tiro, disponendosi allo stesso una volta raggiunta la più armoniosa condizione di spirito. Il fare centro, allora, diventa conseguenza secondaria di una necessaria rivoluzione interiore. In altre parole, si fa centro liberandosi della paura di sbagliare, ovvero mirando a sé stessi. Rapportando lo stesso insegnamento al gesto di premere il pulsante che schiude l’obiettivo, ben poco del materiale in esposizione a Sala Murat riesce a trasmettere un’emozione che si affranchi da questo sottile snobismo. Ma volentieri si può fare eccezione – insieme all’immagine messa a corredo di queste righe – per uno scatto di  David Guttenfelder che dall’alto di un albergo ‘ferma’ una Pyongyang immersa nel sonno del primo mattino (o siamo verso il tramonto?). E’ un’immagine assolutamente livida, avara di colore, che descrive il silenzio, che infonde un senso di inerme e di pericolo incombente. L’odore del Grande Fratello è cappa ossessiva. E’ percepibile qui come Guttenfelder, evidentemente toccato nel profondo dallo spettacolo miserando di una città terrorizzata e ridotta a una facciata di regime, al momento del clic abbia avuto come un moto di pudore. Voleva forse ritrarre la capitale nordcoreana nella desolazione della notte? Chissà che di esitazione in esitazione non abbia trovato l’estro solo nell’ora fatale ed impalpabile che separa la notte dal giorno consegnando alla storia un’immagine di irripetibile intensità. Uno scatto, insomma, quasi involontario, istintivo. Un gesto del cuore, un clic ‘sentito’. – Nell’immagine, ‘Whale Whisperers’ di Anuar Patjane Floriuk.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 4 Ottobre 2016

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