Cultura e Spettacoli

Il Comandante morì da eroe

Nel confuso periodo susseguente alla fine della Grande Guerra, per effetto del Patto di Londra e delle relative clausole la Regia Marina controllava i porti della Dalmazia. Poiché era in corso una battaglia diplomatica per le sorti di quella regione, contesa fra l’Italia e il neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, la presenza delle navi da guerra italiane era considerata dagli slavi una provocazione. Ciò fu motivo di tensione nei   porti maggiori. Soprattutto a Spalato l’atmosfera si fece incandescente. Ne fecero le spese alcuni militari italiani tra cui il comandante Tommaso Gulli,  di cui ricorre oggi il 139esimo anniversario della nascita ; era nato a Faenza il 17 novembre 1879. Gulli morì a Spalato l’11 luglio 1920 (ieri ricorreva il 102esimo anniversario della scomparsa) insieme a fuochista Aldo Rossi nel corso di una sparatoria fra militari serbo-croati-sloveni e militari italiani la cui dinamica è rimasta oscura. Dalla motivazione del conferimento della medaglia d’oro al valor militare : “Comandante della Regia Nave Puglia a Spalato, avendo avuto notizia che i suoi ufficiali erano assaliti da una folla di dimostranti, si recava prontamente a terra con motoscafo, consciamente esponendosi a sicuro rischio di vita, col solo nobile scopo di proteggere e ritirare i suoi ufficiali. Fatto segno a lancio di bombe e scarica di fucileria, benché ferito a morte, nascondeva con grande serenità di spirito la gravità del suo stato e, con contegno eroico e sangue freddo ammirabile, manteneva l’ordine e la disciplina fra i suoi subordinati, evitando che nell’eccitazione degli animi il MAS con cannone e poi la Puglia colle artiglierie usassero rappresaglia. A bordo sottoposto ad urgente operazione chirurgica, moriva poco dopo, fulgido esempio di alte virtù militari”. Il dramma coinvolse in modo figurato anche la nostra terra. Non si è detto infatti che la nave di Gulli era l’ariete-torpedinere Puglia… L’ariete-torpediniere è stato un tipo di nave militare che si distingueva dalle altre unità per il fatto di combinare come armi principali i siluri e il rostro (sperone sommerso posizionato a prua ed impiegato per penetrare le fiancate delle unità avversarie e provocarne l’affondamento). Il Puglia, che apparteneva alla classe Regioni, era entrato in servizio nel 1901. Una carriera breve, la sua, appena una ventina d’anni. Ma ciò non deve meravigliare se si considera che già alla vigilia della Grande Guerra questo tipo di nave era stato superato dal cacciatorpediniere. Con la missione svolta a Spalato il Puglia cessò di fatto col fare parte della Regia Marina. Riclassificato come posamine nel 1921, due anni dopo fu posto in disarmo e radiato. A questo punto l’aspettava la demolizione, quand’ecco farsi avanti Gabriele D’Annunzio a reclamare e a gran voce “quelle gloriose spoglie”. Amico personale di Gulli, e sempre sensibile alle grandi azioni italiane sull’opposta sponda adriatica (beffa di Buccari, impresa di Fiume) il Vate non poteva tollerare che il Puglia finisse in fonderia. Senza difficoltà ottenne che quella nave gli venisse donata. D’Annunzio ne fece  smontare la prua e gran parte delle sovrastrutture (castello, ponte e artiglierie) che – rimontate  – vennero inserite nel parco del Vittoriale degli italiani. L’ingegnere che si occupò della complessa opera di ricomposizione fu S. Giuseppe Fortunato.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 12 Luglio 2018

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