Cultura e Spettacoli

Il de profundis del mostro

Negandogli il riflesso, lo specchio risparmia al vampiro l’evidenza di una natura mostruosa. Lo stesso privilegio non è riservato all’uomo della strada, al quale la stessa superficie rinfaccia in modo plateale la natura minuscola, ipocrita e sottilmente dannosa, dunque ‘mostruosa’. Un riflesso col quale non è facile convivere. E invece ci tocca (mettiamo giù la maschera). Sicché tutti i giorni interagiamo con la parte peggiore di noi. Una danza mostruosa…  A questo tema potrebbe ispirarsi un testo di Mariano Dammacco che due settimane fa è stato messo in scena in prima nazionale al Teatro Piccinni. Il condizionale ci pare d’obbligo, attesa in generale la complessità (seducente) della drammaturgia di Dammacco. Sfuggendo da tutte le parti, ‘Danzando con il mostro’ non si può raccontare. Ma si può per paradosso raccontarne proprio questa inafferrabilità: In un non-luogo avvolto dal buio, una coppia elegante e stralunata, affatto sobria e dolorosamente ironica dice (e non dice) – e in più salse – di sensi di colpa e d’una collettiva inettitudine a vivere. E’, il loro, un canto ebbro della sconfitta, dell’impotenza, anche della solitudine e che si asciuga in diciassette parole: “Unico obiettivo che resta nella vita è essere di buon umore nei cinque minuti prima di morire”. Simili a passeggeri del Titanic prossimo ad andare a fondo, due esemplari rappresentanti di una società finita “in mille pezzi” come una statuina frantumatasi sul pavimento, tracciano un bilancio che assomiglia a un de profundis. Alle loro spalle una figura misteriosa, ma che potrebbe passare per una maschera da commedia dell’arte, indugia in silenzio per tutta la durata dello spettacolo prima di varcare a fine spettacolo la fatale soglia che separa il finto dal reale. Su questo mondo che implode con grottesca solennità le musiche di Gianluca Misiti si adagiano come un sudario sfarzoso. Serena Balivo, Roberto Latini e lo stesso Dammacco nei panni di un possibile Pulcinella danno vita ad una pantomima (dei mostri) che non lascia indifferenti. Apprezzabili i contributi di Francesca Tunno (scene e costumi) e di Max Mugnai (disegno luci e direzione tecnica). – Prossimo appuntamento di stagione al Piccinni: da giovedì 1 a domenica 4 dicembre con ‘Il giuocatore’ di Carlo Goldoni. Regia di Marinella Anaclerio, produzione Compagnia del sole, disegno luci di Cristian Allegrini. Con Flavio Albanese, Stella Addario, Antonella Carone, Patrizia Labianca, Loris Leoci, Tony Marzolla, Luigi Moretti, Dino Parrotta e Domenico Piscopo. Dalle note di regia : «Questa Commedia ha caratteri tanto universali, che in ogni luogo ove fu ella rappresentata, credevasi fatta sul conio degli originali riconosciuti». C. Goldoni – Prologo “Il Giocatore”. Così sottolinea Goldoni a proposito della sua commedia, scritta nel 1750, anno della scommessa con il suo pubblico di scrivere 16 commedie nuove, ed andata in scena nel 1751. Scommessa appunto, ovvero un lanciarsi oltre l’ostacolo del logico per fare qualcosa di mai tentato prima, qualcosa di memorabile e speciale. Il gioco come vertigine, dunque, per lui non era soltanto legato al danaro ma un vero sistema di vita. In ogni caso i tavoli del gioco d’azzardo li conosceva molto bene, come conosceva molto bene tutti i retrobottega e casinò ufficiali dove si facevano e disfacevano fortune. Con questa pièce, Goldoni, mette a nudo con destrezza i meccanismi mentali del giocatore, svelandone tutti i processi e le trappole in cui egli cade trascinando spesso con sé quanti lo circondano. Si ride, ma si comprende anche quanto il gioco d’azzardo sia una dipendenza non meno pericolosa di un qualsiasi stupefacente. Mai come oggi portare in scena Il Giuocatore ci consente di proporre al pubblico un’analisi tragica e comica della ludopatia come fenomeno sociale.

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 25 Novembre 2022

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