Il Doge e il Duca di Bari si strinsero la mano
In un passato per fortuna lontano gli abbordaggi in alto mare non vedevano protagonisti solo i pirati. Ragioni di rivalità politica e commerciale giustificavano attacchi a navi mercantili da parte di navi da guerra e persino da parte di mercantili armati battenti diversa bandiera. Agli inizi del Quattrocento, per esempio, non era raro che brigantini usciti dal porto di Bari venissero attaccati da galee venete. Un fatto inspiegabile, considerando nel 1403 Venezia e Bari avevano siglato un accordo commerciale per mettere termine alla rivalità fra i porti adriatici (un ‘Cronologia Veneziana del ‘400’ compilata da R. Morozzo della Rocca e M.F. Tiepolo riferisce che in data 27 marzo 1403 la seguente notizia : “Revoca del divieto di commercio con Bari”). Sostiene Vito Masellis in ‘Storia di Bari – dalle origini ai giorni nostri’ (Italstampa Bari, 1965) che brigantini baresi avevano ripetutamente violato il patto intercettando e depredando navi della Serenissima, “forse per istigazione genovese”. Di qui la rappresaglia veneta. Lo stesso studioso giudica l’ingerenza di Genova “non inverosimile”, considerando lo stato di grave tensione tra Venezia e Genova e le altre repubbliche marinare, non escluso il Regno di Napoli e altre potenze affacciate sul Mediterraneo centro-orientale. Tale stato di cose, però, non poteva protrarsi. Data la disparità delle forze in campo, non era il caso di sfidare oltre il Doge. Con i brigantini prigionieri in porto e le altre navi che non osavano farvi ingresso nel ragionevole timore di restare imprigionate a tempo indefinito, Bari rischiava di restare strangolata economicamente. Bisognava far pace. Bari inviò Niccolò Carducci “gentiluomo avveduto e facondo”. Il suo non era un compito facile, Venezia non poteva tollerare tanto ‘sgarbo’, soprattutto perché proveniente da una città stimabile, sì, per vivacità commerciale, ma che tuttavia non costituiva nemmeno un Comune e tantomeno una Repubblica Marinara. Con pazienza l’ambasciatore barese subì la lavata di testa, invocò alcune attenuanti, infine propose una cifra : cinquantamila ducati per rimborsare i derubati e ristabilire la concordia fra le due città. Francesco Foscari, il Doge, acconsentì e fu pace. Tutto ciò è confermato da due lettere col sigillo del Doge datate 26 e 27 ottobre 1425 e citate sia dal Petroni che dal Garruba. Inoltre la suddetta Cronologia indica nella figura di Jacopo Caldora il referente barese per la tutela del patto. Dice la Cronologia che “il 17 marzo 1433, Jacopo Candora, Duca di Bari e Capitano d’armi promette di rispettare gli antichi privilegi commerciali”. – Nell’immagine, ‘Canal Grande’, olio su tela di Giovanni Antonio Canal, detto Il Canaletto ; opera realizzata tra il 1726 e il 1730 e conservata presso la Galleria degli Uffizi di Firenze.
Italo Interesse
Pubblicato il 7 Maggio 2022