Il dopo Decaro in alto mare: stallo sulle candidature da Destra a Sinistra
"La partita" delle comunali è tutta da giocare, a meno che "l'armata" barese, come nel 2019, non sarà simile a quella di "Brancaleone"
L’antico detto “se Atene piange, Sparta non ride”, che trae origine da una citazione dell’opera teatrale “Aristodemo” di Vincenzo Monti, si può parafrasare parimenti per la politica barese, dove “se il centrodestra annaspa” per l’individuazione del nome da candidare a sindaco alle amministrative del 2024, “il centrosinistra ancora arranca” per il nome da proporre agli elettori baresi per il dopo Decaro. Infatti, nella corsa del prossimo anno per la successione ad Antonio Decaro, il Pd barese vorrebbe che la scelta ricadesse nuovamente su un nome espressione dei Dem. Però, pare che non solo non ci sia alcun accordo all’interno del Pd cittadino su chi potrebbe essere effettivamente il successore del sindaco uscente di centrosinistra (e questo, forse è addirittura l’aspetto meno problematico della questione!), ma non ci sarebbe addirittura l’intesa con le altre forze politiche che dovrebbero costituire la coalizione di centrosinistra che dovrà contrastare la verosimile ed assai probabile ascesa del centrodestra, che lo scorso anno ha dilagato alle elezioni politiche anche a Bari. Dove – come è noto – entrambi i candidati di centrodestra, rispettivamente presenti nei collegi baresi dell’uninominale di Camera e Senato, – come si ricorderà – sono stati eletti entrambi. Ossia Davide Bellomo (Lega) a Montecitorio e Filippo Melchiorre (Fdi) a Palazzo Madama. Infatti, nella coalizione cittadina del centrosinistra (di cui non si sa ancora con certezza neanche se il M5s di Giuseppe Conte farà parte oppure no!) alcune forze civiche, unitamente alle sigle dei partiti minori della coalizione, vale a dire Sinistra italiana, Verdi, Socialisti etc, non solo non condividono il fatto che il successore di Decaro possa essere nuovamente espressione del Pd, ma pare che non siano neppure d’accordo sul criterio che i Dem si sono dati, secondo Statuto, per risolvere i dilemmi sul nome da scegliere per una candidatura unitaria, in questo caso quella del candidato sindaco, ovvero sul ricorso alle primarie. Difatti, mentre nel Pd barese non ci sono né dubbi, né obbiezioni sull’uso delle primarie per dipanare la “matassa” della candidatura a Primo cittadino per le comunali di giugno del 2024, negli altri gruppi politici presenti finora al tavolo del centrosinistra le primarie, questa volta, non sarebbero da prendere minimamente in considerazione. O meglio, secondo qualche esponente civico (ma anche a detta di uno dei “portavoce” locale del M5s), le primarie possono essere un criterio per la scelta interna al Pd barese del nome dei Dem da portare al tavolo di coalizione delle trattative per l’individuazione del candidato unitario, ma non potranno essere di certo la soluzione della problematica, che invece è – come è noto – solo politica e, quindi, di accordi tra tutte le sigle che dovranno formare, a Bari, la cordata locale anti-sovranista per le amministrative del 2024. Infatti, ha spiegato lo stesso esponente civico barese, il Pd barese non può “imporre” il metodo delle primarie alle altre forze della coalizione di centrosinistra che non sono d’accordo sui nomi di coloro che vorrebbero presentarsi candidati a sindaco. “Al più – ha esclamato l’esponente civico – il Pd può selezionare il proprio candidato a sindaco con le primarie!”, aggiungendo: “ma poi deve sedersi al tavolo con tutte le altre forze politiche, per discutere e trovare una sintesi anche con i nomi dei candidati a sindaco proposti dalle sigle alleate”. Infatti, ha commentato ancora l’esponente civico, “non è affatto detto che il nome scelto con le primarie di coalizione possa essere il miglior candidato per vincere le elezioni”. Poiché “è ormai provato che, in altre realtà comunali, candidati, sia di centrosinistra che di centrosinistra, scelti con le primarie, hanno poi fallito nelle urne”. Ed a Bari ne sa qualcosa il centrodestra per le amministrative del 2019, quando – come si ricorderà – Pasquale Di Rella, super vincitore delle primarie di febbraio dello stesso anno, fu poi super sconfitto nelle urne, a maggio successivo, da Decaro. Infatti, il centrodestra alle amministrative baresi del 2019 – come è noto – con Di Rella fece peggio delle precedenti amministrative del 2014 con Domenico Di Paola, che invece non era stato scelto con le primarie, ma da accordi interni tra i partiti alleati. “Non a caso, questa volta, – ha rilevato, inoltre, l’esponente civico – il centrodestra barese ha escluso tassativamente il ricorso alle primarie per la scelta del proprio candidato sindaco”. Quindi, stante a tali affermazioni, le primarie non sarebbero più, neppure nella coalizione di centrosinistra, uno strumento di moda da utilizzare per la scelta del nome unitario da candidare alla poltrona di Primo cittadino. Sulla stessa lunghezza d’onda di tale esponente del civismo cittadino è verosimilmente anche il M5S, che nel proprio Statuto non contempla le primarie come metodo risolutivo delle controverse politiche sui nomi. Quindi, se fosse realmente questa la situazione all’interno della coalizione “giallo-rossa” pugliese, in particolare barese, che nel 2024 dovrà contrastare alle amministrative l’armata di centrodestra che avrà come capofila il partito della premier e leader di Fdi, Meloni, quello berlusconiano ed ora di Antonio Tajani e quello di Matteo Salvini, allora è certo che la partita barese per il dopo Decaro è ancora in alto mare, sia per il centrodestra che per il centrosinistra ed finanche per il M5s di Conte. E, quindi, trattasi di una “partita” politica ancora tutta “da giocare” elettoralmente. A meno che anche nel 2024, come nel 2019, “l’armata barese” di Meloni, Tajani e Salvini non fosse ancora una volta, a Bari, assai simile a quella del noto crociato “Brancaleone”.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 25 Agosto 2023