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Il flop annunciato dei Municipi e di un decentramento che non ci sarà mai

Altro che enti territoriali, i 5 “Municipi” di decentramento amministrativo del Comune di Bari sono semplici organi, sia pur elettivi, di consultazione interna all’Amministrazione cittadina. Infatti, i 5 Municipi, come in precedenza le nove Circoscrizioni, sono istituti privi di personalità giuridica le cui funzioni sono soltanto quelle delegate (con Regolamento) dalla casa madre. Vale a dire dal Comune che può avvalersi dei Municipi, o Circoscrizioni che dir si voglia, per pareri non vincolanti e per affidare loro lo svolgimento nei quartieri di competenza di alcune funzioni amministrative, come i servizi sociali o le autorizzazioni per i passi carrabili e le occupazioni di suolo pubblico. In altri termini, di quei servizi considerati particolarmente rognosi da gestire direttamente dalle Ripartizioni competenti e che per questo vengono delegate al personale in servizio presso gli Uffici periferici di decentramento amministrativo. Nel caso specifico del capoluogo pugliese, poi, l’utilizzo dei cosiddetti “Municipi” è ancor più sibillino da parte dell’Amministrazione barese, perché vengono usati come vere e proprie reti, o filtri, tra i cittadini e l’Amministrazione centrale in quanto servono ad evitare che i cittadini dei quartieri, soprattutto periferici, si rivolgano direttamente agli Uffici od assessorati comunali competenti per la risoluzione di problematiche territoriali che spesso vengono trascurate, per cui diventano oggetto di lamentela da parte della comunità interessata. Quindi, è bene forse chiarire cosa rappresentano e ciò che continueranno ad essere in futuro i 5 “Municipi” del Comune di Bari, che difficilmente si spoglierà di funzioni importanti, come la gestione dei lavori pubblici o delle attività culturali, senza parlare poi dell’Urbanistica, per affidarle agli Uffici decentrati del Comune stesso. L’argomento “decentramento” non è, infatti, nuovo nella Città di Bari ed è particolarmente spinoso da affrontare da parte degli organi amministrativi comunali, che da sempre, a prescindere dal colore politico di sindaco e giunta, non hanno mai inteso attuare alcuna seria politica di decentramento, sia perché gli amministratori e la burocrazia comunale ridimensionerebbero di molto i propri poteri di gestione della città, sia perché una realtà come Bari di poco più di 330mila abitanti, se attuasse un decentramento analogo a quello praticato in grandi città, come Roma, Milano o Napoli, alla fine finirebbe per trasformare gli amministratori comunali in una sorta di spettatori e non più di attori della gestione politica del capoluogo. E, quindi, di tutto ciò che effettivamente ruota intorno al potere “clientelare” e “non” che si sviluppa a livello comunale a Bari. Per cui di cosa ci si meraviglia se i 5 Municipi baresi sono, come li hanno ben definiti in conferenza stampa i rappresentati comunali del “Movimento 5 Stelle”, delle vere “scatole vuote di potere ed autonomia”?  Però, ancora peggio è che, pur essendo “scatole vuote” di effettivi poteri gestionali, e  quindi perfettamente inutili, trattasi di organi istituzionali elettivi il cui costo, nonostante la recente riduzione da 9 a 5 unità, incide ancora pesantemente sulla cassa del Comune di Bari. E, in definitiva, sulle tasche dei cittadini baresi che con le loro tasse concorrono al mantenimento dell’Ente. Pertanto, è forse il caso che i rappresentati politici responsabili del proprio ruolo, ma anche i partiti che si ritengono tali, dovrebbero sollevare il velo di ipocrisia che a Bari copre la “questione decentramento” e dire come stanno effettivamente i fatti e comportarsi con le scelte di conseguenza, per evitare che si continui con lo sperpero di denaro pubblico nel mantenere in vita organismi totalmente inutili, se non ad elargire soldi alla politica attraverso i gettoni di presenza corrisposti ai politici di quartiere (che il più delle volte sono “figuranti” degli amministratori comunali), oltre ai costi aggiuntivi che le strutture di natura elettiva comportano (vedi rimborsi ai datori di lavoro per le assenze giustificate dei consiglieri municipali, apparati di personale a servizio degli stessi, ecc.). Da non dimenticare, inoltre, che la farsa sulla riforma del decentramento amministrativo, con cui si sono promessi invano poteri ed autonomia amministrativa agli organi elettivi di quartiere, è stata messa su nel corso dell’ultimo anno di mandato dell’ex sindaco Michele Emiliano, ora presidente della Regione, che sia per ridurre i costi inutili di un falso decentramento e sia, soprattutto, per sventare i rischi del distacco dal capoluogo di due realtà territoriali, Palese e Santo Spirito da una parte e Carbonara-Ceglie-Loseto dall’altra, che nel 2009, avendo tutti i presupposti normativi per diventare effettivamente autonomi politicamente ed amministrativamente, avevano celebrato un referendum consultivo con esito favorevole alle loro legittime aspettative a diventare Comuni a se, staccandosi da Bari. Esigenza questa, tutt’altro che superata per Palese e Santo Spirito, ma anche per Carbonara-Ceglie-Loseto, poiché non è sufficiente cambiare il nome da “circoscrizione” in “municipio” per ritenere che Bari riuscisse a risolvere le problematiche di territori che non riesce più a gestire decorosamente da oltre un ventennio, sia per le dimensioni del numero di abitanti raggiunto ormai tali ex frazioni, sia soprattutto per le peculiarità poste dal nuovo sistema normativo e di governo degli Enti locali, entrato in vigore in Italia dagli anni Novanta in poi. Impossibile a Bari che il “falso decentramento” di Emiliano, prima,  ed Antonio Decaro, ora, possa effettivamente risolvere le esigenze di “buon governo” delle ex frazioni come Palese e Santo Spirito o Carbonara-Ceglie-Loseto. Infatti, il problema dell’autodeterminazione politica ed amministrativa di questi due territori resta tutt’ora presente, come e più di prima. Inutile illudersi.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 31 Ottobre 2015

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