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Il giudice Urbano indagato dopo quindici anni con le stesse accuse, poi assolto

Tanto va la gatta al lardo….Torna nel mirino della giustizia e dei pubblici ministeri il dottor Amedeo Urbano, presidente della Seconda Sezione al Tribunale Amministrativo pugliese, già incappato nelle maglie della Procura una quindicina d’anni fa. Allorquando, vale la pena di ricordarlo, Urbano venne assolto prima in fase preliminare e poi in appello dopo essere stato imputato di concorso in concussione, duplice istigazione alla corruzione e abuso d’ufficio per fatti avvenuti tra settembre ’93 e gennaio ’96. Ad opporsi in maniera ferma all’archiviazione del procedimento intentato nei confronti dell’allora giudice amministrativo successivamente promosso a capo della Seconda Sezione, fu il pubblico ministero Giuseppe Scelsi con ben tredici motivazioni contenute in ottanta di pagine. Tutto ciò dopo che il giudice dell’indagine preliminare presso il Tribunale di Bari Rubino prima, e la Corte d’Appello dopo, avevano prosciolto Urbano da tutte le pesanti accuse. Accuse che ricorrono dopo tanto tempo, visto che l’ultimo scandalo che ha coinvolto nuovamente il giudice barese assieme ad avvocati, imprenditori e cancellieri riguarda daccapo sentenze pilotate in cambio di favori. Ed anche nel 1998 l’inchiesta avviata dai magistrati baresi si avvaleva di intercettazioni telefoniche e faceva anche riferimento, come detto, sempre a trattamenti di favore compiuti dal magistrato amministrativo: il reato di concussione era stato contestato perché, secondo l’accusa, Urbano  –relatore d’un ricorso proposto al Tar dalla Case di Cura Riunite per l’annullamento del rifiuto di ammettere i dipendenti alla Cassa Integrazione e Guadagni- tramite un funzionario dell’Ispettorato del Lavoro, aveva cercato di indurre l’ex presidente delle Ccr Cavallari, a versare cento milioni di lire allo scopo di assicurare l’accoglimento del ricorso. Che in effetti fu accolto a piazza Massari dal Tar Puglia l’estate del ’93. Due invece, gli episodi di istigazione alla corruzione: il primo quando, sempre secondo l’impostazione accusatoria successivamente smontata per ben due volte, Urbano, dopo l’accoglimento dei ricorsi presentati dal Comune di Bitetto, avrebbe cercato di indurre il legale che li aveva curati ad intercedere per suo conto presso l’amministrazione comunale, allo scopo di ottenere incarichi extragiudiziali. Il secondo, risalente a gennaio ’96, faceva riferimento al sollecito fatto dal giudice Urbano al segretario del liceo classico ‘Sylos Labini’ di Bitonto affinchè sua figlia Graziana, all’epoca alunna della scuola, ottenesse una votazione nella sufficienza nonostante il cattivo andamento scolastico. Sono trascorsi quindici anni da allora, ma il presidente della Seconda Sezione del Tribunale amministrativo incrocia daccapo gli inquirenti baresi sulla sua strada, stavolta col noto docente di diritto costituzionale e avvocato amministrativista Aldo Loiodice, sempre con l’accusa di corruzione in atti giudiziari. L’inchiesta questa volta è condotta dai pubblici ministeri Renato Nitti e Francesca Romana Pirrelli: i magistrati ipotizzano che Loiodice, in cambio di sentenze favorevoli, stavolta sia la persona che avrebbe dovuto agevolare la carriera universitaria della figlia di Urbano.
 
Francesco De Martino 


Pubblicato il 22 Febbraio 2011

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