Cultura e Spettacoli

Il giuramento degli Insorti

E’ improprio dare del ‘briganti’ agli uomini che nel Mezzogiorno, all’indomani dell’Unità, presero le armi contro le forze del neonato Regno d’Italia. Benché male armati e peggio equipaggiati, questi combattenti erano al comando di ex ufficiali e sottoufficiali del disciolto esercito borbonico i quali si adoperarono in tutti modi per disciplinarli, anche all’uso delle armi. In realtà qui si parla di soldati di un esercito irregolare perché  ‘diffuso’ e che aveva a Roma, dove Francesco II si era rifugiato, la sua centrale operativa. Un esercito insuperabile nella guerriglia, tattica che avrebbe portato i suoi frutti se coordinata con competenza militare. Ma il povero Franceschiello, che già di suo non aveva la stoffa del re, meno ancora sapeva di strategia. Di fatto, allora, questa guerriglia venne messa in atto da formazioni isolate, che agivano indipendentemente l’una dall’altra. Alla lunga questa assenza di strategia fece il gioco delle forze italiane. E a determinare la vittoria di quest’ultime contribuì l’infiltrarsi di elementi dannosi nelle formazioni ‘resistenti’. In dette formazioni, infatti, trovarono posto, e per ragioni di opportunismo, anche delinquenti e ricercati, ciascuno a capo di personali comitive di malfattori. L’ingresso di queste ‘bande’ (che si resero responsabili di eccidi e ruberie gratuite) screditò agli occhi dell’opinione pubblica l’immagine degli Insorti, sicché a proposito di costoro si cominciò spregiativamente a parlare di ‘bande’ e di briganti. Il che alimentò un falso storico arrivato sino a noi, tant’è che ancora oggi a proposito di quella pagina di storia si continua a parlare di ‘brigantaggio politico’, espressione ambigua e fuorviante. Non briganti, dunque, ma Insorti, che i loro comandanti cercarono alla meglio d’inquadrare assegnando gradi e assicurando paghe regolari, istituendo Corti Marziali e riservandosi la facoltà di espellere quanti si dimostravano indegni. Il tutto, non prima di una ‘professione di fede’ da parte di quanti domandavano di essere accolti. Nel suo ‘Il Sergente Romano’, Antonio Lucarelli riporta il testo del Giuramento che i novizi dovevano pronunciare per entrare nella ‘colonna’ del Romano, il quale nell’estate del 1862 (epoca alla quale risale il frammento del Giuramento di cui più avanti) rappresentava, dopo Crocco, il più alto esempio di condottiero : “… promettiamo e giuriamo di sempre difendere con l’effusione del sangue Iddio, il Sommo Pontefice, Francesco II e il comandante della nostra Colonna degnamente affidatagli e dipendere da qualunque suo ordine… anche colla pena della morte che fra noi affermativamente si è stabilito… Il presente atto di giuramento si è da noi stabilito volontariamente e a conoscenza dell’intiera Colonna tutta… Fatto e stabilito nel giorno, mese ed anno, oggi lì 20 agosto 1862…”

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 2 Febbraio 2019

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