Cultura e Spettacoli

Il grande villaggio colonico in abbandono

Nelle campagne di Veglie, a diciotto chilometri da Lecce, sono ancora in piedi i resti di Monteruga, uno dei tanti villaggi colonici voluti dal fascismo. Il vero sviluppo del villaggio di Monteruga avvenne successivamente, nel dopoguerra, durante il periodo della riforma fondiaria. La breve stagione di questo villaggio ebbe termine alle soglie degli anni ottanta quando l’Ente Riforma venne privatizzato. Abbandonato da una trentina d’anni, Monteruga è ora avvolto dalle erbacce e cade a pezzi. Ciò ha impresso alle rovine di questo fabbricato imponente e dalle singolari caratteristiche architettoniche un fascino singolare, sì che esso farebbe la gioia di un poeta decadente come di un cineasta amante del surreale. Tecnicamente a metà strada fra masseria e cascina, Monteruga era borgo autosufficiente. Disponeva di officine, depositi, stabilimenti per produrre olio e vino, una pompa di benzina, un granaio e una torre dell’acqua. Era fornito anche  di un campo di bocce, un dopolavoro, un cinema, una scuola e una stazione dei Carabinieri. Non vi poteva mancare un luogo di culto. La chiesa consacrata al culto di S. Antonio Abate chiude un vasto rettangolo verde all’interno del quale sopravvivono alcune palme. Ad abbracciare questo vasto spazio è un porticato perimetrale. Sotto le volte del porticato si aprono gli alloggi dei lavoratori, micro appartamenti composti da due camere, cucina e orticello (sul retro). A Monteruga, sotto il coordinamento di ‘lu Pippi’, come veniva chiamato il fattore,  viveva stabilmente una laboriosa comunità di circa ottocento braccianti. Il che doveva significare dall’alba al tramonto un bel via vai di uomini, animali, mezzi e merci in mezzo a canti e suoni di lavoro. Immaginare tanta vitalità fa apparire ancora più desolati questi ambienti così vasti e spogli, immersi in un silenzio a cui non resta insensibile il cultore dell’oblio. L’abbandono in cui versa Monteruga solleva dubbi circa l’opportunità di quell’investimento e di investimenti dello stesso tipo, tutti figli di una politica economica forzata e perciò improduttiva. Al pari di altre lodevoli iniziative come la Cassa per il Mezzogiorno, la Riforma Agraria si insabbiò nelle secche di un dirigismo politico ottuso e tutt’altro che adamantino. Ciò andò a vantaggio di una mentalità clientelare e tangentista, endemica e pre borbonica. L’avvento del Regno d’Italia, lungi dal migliorare costumi già scadenti, finì col peggiorarli. E la lezione di guerre gratuite (coloniali e mondiali) non bastò a illuminare menti. Una volta di più, a Monteruga naufragò l’utopia di masse mature per il salto di qualità.

Italo Interesse


Pubblicato il 6 Gennaio 2015

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