Cultura e Spettacoli

‘Il Grido’ è sballo e delirio

Mai dire ‘festival crossmediale’. Chiunque si fosse espresso così venerdì notte in Fiera a proposito di ‘Il Grido’ sarebbe stato subito corretto in questi termini : “Uno sballo pazzesco!”. Il vocabolario dei ragazzi sarà pure rudimentale, bisogna però riconoscergli una immediatezza essenziale. Un bombardamento di house music che sotto la sferza di luci laser, proiezioni da capogiro e altre estreme espressioni dell’arte visiva contemporanea mandi in delirio diecimila giovani non può essere che uno sballo pazzesco. Tutto quattro notti fa è stato all’insegna dell’esagerazione. A cominciare dall’algido contenitore, quel padiglione che – a suo tempo andato a fuoco a pochi giorni dalla consegna – è stato finalmente riconsegnato all’Ente Fiera. Una sorta di hangar nel quale potrebbero trovare ricovero tre jumbo jet, una terra di nessuno dove un piccolo popolo era del tutto a proprio agio, pendolando in uno ‘struscio’ interminabile tra la prima linea del palco e i punti di ristoro (elevati i consumi, leciti e non). Ad aprire le danze, i Bicycle Beat, un collettivo italiano di action music chiamato a scaldare il primo pubblico ; compito assolto onestamente. A seguire, una performance di danza della compagnia Res Extensa. Sulla carta tra le maggiori attrazioni, lo spettacolo è scivolato tra l’indifferenza generale per colpa di una soluzione logistica che non abbiamo condiviso, ovvero mandare in scena una compagnia di danza su un palco supplementare lontanissimo dal cuore pulsante della serata e sprovvisto di amplificazione. La musica necessaria, proveniente dal palco centrale, ha creato un effetto di straniamento di cui ha risentito la qualità coreutica, per non dire dell’equivoco tragicomico di spettatori raccolti sotto la postazione centrale nell’idea che quelle note fossero di puro intrattenimento in attesa della star successiva. Meno male, il ficcante punk-funk dei danesi Whomadewho ha fatto dimenticare il fastidioso inconveniente. Infine, mezz’ora dopo la mezzanotte, il re della serata, l’acclamatissimo Paul Kalkbrenner, l’indemoniato principe tedesco dell’arte del dj set. Kalkbrenenner ci ha messo poco a confermare l’assenza di rivali. Sostenuto da immagini di grosso impatto e che tre maxi schermi gettavano in viso alla platea, il dj di Lipsia ha presentato in buona parte brani di nuova produzione. Come nelle attese, numerose figurazioni ritmiche ed elaborati tappeti armonici hanno arricchito temi principali di qualità. Notevole la cura posta nella costruzione di introduzioni e code, sì che tra una composizione e l’altra non sì è trovata soluzione di continuità per i primi trenta minuti. I successivi live set a cura di Tughfucker ed Ecoland hanno infine riverberato l’eco dell’energia profonda e tribale innescata da Kalkbrenner.
Italo Interesse


Pubblicato il 5 Giugno 2012

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