Cultura e Spettacoli

Il male di San Donato

Per caso ci è capitato d’incappare in un raro e prezioso ‘corto’ del 1965 a firma di Luigi De Gianni. Il breve filmato, una decina di minuti, ferma momenti di acuta devozione popolare e di espressione isterica all’interno della chiesa di San Donato a Montesano, nel leccese. Sulle prime, alla vista di questi uomini e donne che urlano e si lamentano, che si contorcono riversi sul pavimento, che ripetono ossessivamente gesti e parole e con un’energia troppo ‘nervosa’ per farla rientrare nello specifico devozionale, avevamo pensato alle ultime documentate tracce di tarantismo. E invece no. E’ San Paolo di Galatina la divinità a cui si rivolgevano gli invasati per colpa del morso della Lycosa Tarentula. A San Donato  di Montesano ricorrevano invece gli epilettici. Sino alla seconda metà del Novecento, in terra d’Otranto, almeno a livello popolare, nessuno parlava di epilessia, bensì di ‘male di San Donato’. E il rapporto che questi malati avevano col loro ‘liberatore’ era diverso da quello che i tarantati avevano con San Paolo. Se questi ultimi chiedevano d’essere in sostanza esorcizzati, con ciò affermando la propria innocenza rispetto alla ‘negatività’ che li aveva penetrati, gli epilettici avevano in qualche modo paura di San Donato. Alla base di questo sentimento ambiguo era la convinzione che il ‘male’ non venisse dal demonio, ma che a mandarlo fosse lo stesso Santo, forse a scopo punitivo, forse per mettere alla prova il peccatore, cioè l’ammalato, o più probabilmente per usare lo stesso parlando attraverso la sua bocca. Quest’ultima convinzione ha radici antichissime. Anche nel passato precristiano l’epilettico era considerato un ‘posseduto’, sia pure da un’entità benefica e a scopo ‘comunicativi’. Pare che epilettici fossero Maometto, Paolo di Tarso, Martin Lutero, Giovanna d’Arco… Di qui la tendenza a parlare di ‘morbo sacro’. Gli epilettici, tra cui sicuramente altri sfortunati affetti da complicate patologie nervose, che a Montesano imploravano San Donato in sostanza erano lì a presentare le loro ‘dimissioni’ dal ruolo (non richiesto) di portavoce di Dio, a scusarsi se dichiaravano di non poter reggere quel carico di responsabilità. Tanto ci pare spieghi all’interno di un pensiero cristiano arcaico e a cui non sono estranee scorie pagane questo atteggiamento di timor panico. Nel che si possono anche cogliere gli ultimi lontanissimi echi della grandeur religiosa magno-greca. Dopotutto chi era la Pizia del tempio di Delfi che stordendosi con gli incensi più aspri vaticinava a richiesta? Nell’Ottocento famigliari premurosi e solleciti avrebbero presa di peso una sventurata così e portata davanti alla statua di San Donato.
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Pubblicato il 21 Maggio 2011

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