Primo Piano

Il mistero del ponte senza pedalata. E a settembre sono due anni …

Passano i giorni, le settimane e i mesi e, quando saranno trascorsi trenta giorni da oggi, faranno ben ventiquattro mesi che a Bari il primo cittadino festante inaugurava con l’altrettanto festante (..adesso un po’ meno) premier di allora Renzi il ponte ‘Adriatico’, alla presenza pure dell’onnipresente presidente regionale Emiliano e perfino del Prefetto, Carmela Pagano>>. “Oggi inauguriamo quest’opera importantissima che per noi ha un significato particolare – cadenzava garrulo Antonio Decaro – perché è una grande infrastruttura non solo funzionale dal punto di vista del traffico, ma anche di grande valenza architettonica. Un ponte che finalmente realizza il primo asse di scorrimento della città, disegnato nel 1970 da Quaroni. È il primo asse che si completa e che collega il centro cittadino con la statale 16, la Fiera del Levante e il Porto. Possiamo considerarlo un ponte verso l’Area metropolitana, e quindi verso il futuro. La dimostrazione che quando le amministrazioni collaborano in sinergia, i sogni possono trasformarsi in realtà”. Peccato che, tra una sinergia e l’altra, questo ponte-asse sia ancora incompleto, nonostante i due anni trascorsi tra promesse e impegni di metterci anche una bella e funzionale pista ciclopedonale. Che, per l’appunto, ancora non c’è. Eppure questo ponte inizialmente dal nome incerto, che ci volle una specie di referendum cittadino sul massimo giornale locale per trovarglielo, fu finanziato dallo Stato a mezzo Regione quando, incrociando ruoli e stessi ‘omini’ (….avrebbe detto il grande Giorgio Gaber) sindaco di Bari era Emiliano e Decaro, invece, più modestamente assessore ai Trasporti e Simonetta Lorusso (ora fa la presidentessa d’un esclusivo circolo cittadino) aveva la delega ai Lavori pubblici. E insieme avevano deciso di investire quei fondi per realizzare questo bellissimo ponte. Tutto bello, luccicante e all’avanguardia, eppure…manca  la pista ciclabile annessa. Scusate, ma non sarà mica che pesa qualche maledizione, su quest’opera così bella e all’avanguardia, come succede spesso in questa Città con le opere troppo belle, costose e all’avanguardia? Eggi perché sulla costruzione di questa grande opera pesa un mistero tuttora irrisolto. E cioè quello d’un appalto che doveva consegnare un’opera in cemento armato e che invece, alla fine, vede in piedi (tra stralli e stralloni) un ponte in acciaio totalmente differente, tra progetti consegnati a tempi record, cronoprogrammi non rispettati e perizie in variante poco chiare. Niente di nuovo, per carità: a Bari, ogni volta che si costruiscono complessi residenziali sulle lame oppure lungo le coste, ma anche ospedali, nuove sedi regionali e stadi/astronave a suon di milioni e milioni di euro preferibilmente pubblici (ma anche pubblico/privati) intervengono magistrati inquirenti col loro codazzo di inchieste, sequestri e processi. Arrivando perfino a innescare esplosioni e demolizioni sotto gli occhi di mezzo mondo, ma senza con ciò intaccare poi di molto il ferreo equilibrio imposto da grandi imprese e costruttori che controllano la Città: è capitato con la “saracinesca” sul lungomare, con la costruzione dell’Istituto Oncologico a Poggiofranco, quasi vent’anni fa, ma anche con lo stadio di Renzo Piano e la sede regionale da mille e una notte in via Gentile, tanto per fare qualche non raro esempio. L’ultimo e più recente della nuova Regione Puglia, “attenzionato” perfino da una Suprema Corte che ha usato termini pesantissimi, per censurarne l’appalto. Ma da queste parti il massimo è qualche titolone sui giornali, senza che nessuno alzi un dito, come fosse tutto normale amministrazione, in una Città/regione equamente divisa tra destra e sinistra, negli ultimi trent’anni. E quindi torniamo alla ‘curiosa’ vicenda del nostro, ultimo super-ponte (da 32 milioni e passa) per collegare i due poli estremi della città, senza attraversare il centro. Ora, a parte i rilievi urbanistici sollevati su questa scelta urbanistica, ciò che inizia veramente a incuriosire – come sempre in questi casi – i tempi di approvazione del progetto. Se per trasformare l’ex Ospedale ‘ Domenico Cotugno’ che curava i tisici in Istituto di Ricerca e Cura Oncologico, i progettisti ci misero sette giorni sette a metà circa degli Anni Novanta, per mettere giù questo progetto di ‘ponte strallato’ da 32.020.330,00 euro, l’A.T.I. Rpa srl (capogruppo) – Net Engineering Spa – Carlos Fernandez Casado –Uning Srl/GA&M Srl è riuscita a far ancora meglio, riscendo addirittura a consegnare il mastodontico progetto (completo!) in tre giorni tre. Tempi da non crederci: il 21 luglio 2008, subito dopo la gara, con determinazione n. 2008/305, l’Ufficio Tecnico affida in via definitiva i servizi tecnici professionali all’associazione di imprese di cui sopra e il giorno dopo, bruciando letteralmente le tappe, ecco già pronto il verbale di inizio attività, limitatamente alla progettazione preliminare. Progettazione che doveva concludersi entro e non oltre il giorno 30 luglio, stando alle regole (…quindi in appena 8 giorni) ma già il giorno 25 e cioè appena tre giorni dopo la sottoscrizione del verbale – e senza ancora aver sottoscritto il contratto – l’ATI aggiudicataria del bando a livello europeo consegna al Comune di Bari una pila di documenti, con una trentina di elaborati tecnici di gran pregio. Ora, a parte i progetti-speedygonzales mutati in corso d’opera, la pista ciclabile reclamata a gran voce dai ciclisti – …e non solo – baresi, non c’è ancora. Motivo? L’Ufficio Tecnico Comunale non si spiccia ad approvare il progetto affidato a un’equipe di esperti del Politecnico di Bari, dopo che a suo tempo l’impresa Cimolai aveva consegnato addirittura quest’opera con un paio di mesi in anticipo, facendo emozionare il primo cittadino – ingegnere dei Trasporti che s’era messo la fascia tricolore per farlo vedere a Matteo Renzi…priva di pista ciclabile, un’inezia. Ora come allora….

 

Francesco De Martino


Pubblicato il 9 Agosto 2018

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