Cultura e Spettacoli

Il Mostro del Pantano

Nel gennaio del 1960 a Cala Pantano, una ridente località del litorale di Bisceglie, fu avvistato un uccello dalle dimensioni e dalle fattezze anomale

Cala Pantano è una ridente località del litorale di Bisceglie. Nel gennaio del 1960 il sito assurse alla notorietà nazionale : Un uccello “enorme”  e sconosciuto a quelle latitudini era stato avvistato da un militare in licenza e dai pescatori e dai contadini che in quel momento lavoravano in zona… La notizia ebbe tale risalto da indurre squadre di Carabinieri e di cacciatori a battere la zona. Tutto inutile. Tuttavia il clamore della storia ebbe il potere di amplificare le dimensioni dello sconosciuto volatile, che, passando di bocca in bocca, presto assunse i connotati di un animale preistorico, una creatura dall’apertura alare di quattro metri e che emetteva versi inquietanti, avvicinabili ai garriti lamentosi delle diomedee, i grandi albatri da cui sono abitate le isole Tremiti. Il passaparola spinse le cose al punto da far parlare di una creatura da brivido sospesa fra l’umano e il volatile e di sesso femminile… Era nato il Mostro del Pantano. Non sapremo mai cosa realmente fu visto da quelle parti, è però singolare come alla prima occasione la fantasia popolare ne approfitta per tirare in mezzo il Mito. La leggenda dell’Ellade assegna un nome all’ibrido donna-uccello : arpia…. Nell’Odissea, Omero ne cita tre : Celeno, Ocipete e Aello. Nell’Eneide, Virgilio così descrive queste creature : “Le isole Strofadi, dette con nome greco, stanno nel grande Ionio e sono le Arpie a popolarle… – [si tratta di due piccole isole greche del mar Ionio, Arpia a nord, e Stamfani, la maggiore, a sud, entrambe situate a 32 miglia a sud dell’isola di Zante] – Non c’è mostruosità più triste di quelle, né alcuna più crudele peste che l’ira degli Dei sprigionò dalla palude Stigia. Virginei volti di esseri alati, schifosissimo flusso dal ventre, artigli adunchi e sempre emaciate le facce per la fame.” Nel Canto XIII dell’Inferno Dante le arpie “ali hanno late e colli e visi umani / piè con artigli e pennuto ‘l gran ventre / fanno lamenti in su li alberi strani” (esse rompono i rami e mangiano le foglie degli alberi al cui interno si trovano le anime dei suicidi, che, in questo modo, provando dolore, trovano pertugi attraverso i quali lamentarsi). Nel Canto XXXIII dell’Orlando Furioso, l’Ariosto canta :“le monstruose arpie brutte e nefande / che col griffo e con l’ugna predatrice / spargeano i vasi e rapian le vivande / e quel che non capia lor ventre ingordo / vi rimanea contaminato e lordo.” Qui il riferimento è alle arpie  che insozzano la tavola del cieco re d’Etiopia identificato col Prete Gianni e che poi vengono scacciate da Astolfo.”… Chiudiamo con una nota zoologica : l’Aquila Arpia, stanziale nella foresta amazzonica, è il rapace più grande e potente che si conosca. In possesso di artigli più grandi di qualsiasi altra aquila, l’aquila arpia può sollevare prede che eguagliano il proprio peso corporeo. Ciò consente agli esemplari più forti di strappare un bradipo vivo dai rami degli alberi.

 

Italo Interesse


Pubblicato il 2 Aprile 2025

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