Cultura e Spettacoli

Il nemico è lo specchio

Desta una certa impressione al Traetta uno spettacolo di e con Mariantonia Capriglione, prodotto da Fatti d’Arte

Il peggior nemico della donna ? Lo specchio. E oggi ben più di ieri. Tutta colpa di un sistema di valori dissennato, non di meno egemone e tirannico. Sicché un sorriso gengivoso, un occhio strabico o un naso gobbuto, da ragione di diversità involvono in ragione d’insofferenza. E la pinguedine? Mettendo da parte il caso dell’obesità, bastano poche taglie in più o in meno del ‘necessario’ (il virgolettato ci dare d’obbligo, attesa l’opinabilità del concetto) per far cadere una ragazza in preda a una patologia ossessiva. E con i disturbi alimentari non si scherza. Il delicato tema è al centro di ‘Manuale distruzione’, un testo di Mariantonia Capriglione – e dalla stessa interpretato – che, per la regia di Raffaele Romita, è andato in scena al Traetta la scorsa settimana. Una ragazza piacevolmente florida, scarpe rosso fuoco e abitino stile anni cinquanta, modello vispa Teresa, irrompe in scena infuriata: Il suo spettacolo non può andare in scena. La colpa sarebbe d’altri, dice, in realtà il problema è nella personale, cattiva disposizione d’animo. Colpa dello specchio, che ogni giorno le getta in faccia quei tot chili in più che la escludono da audizioni, provini, corsi di formazione… E invece lei, che ha le misure sballate (animo 40 e taglia 48), vuole proprio recitare, danzare, muoversi, “riempire lo spazio”. Basta poco, oggi, per andare fuori di testa. Il rifiuto del proprio corpo, ‘punito’ con comportamenti bulimici, qui – dove non si vede uno specchio essendo la scena nuda – viene rappresentato attraverso un progressivo ‘sfogliarsi’ della persona : L’attrice si libera dei propri panni, gradatamente, fino a restare pressoché nuda. Più che d’un tragico spogliarello, siamo in presenza di un lento, inesorabile mettere a nudo la coscienza a scopo auto-terapico. Il tutto – si può dire – in vista di un risveglio salvifico. C’è in ‘Manuale distruzione’ un’astuzia di fondo che fa pensare. Come certe arti marziali educano ad ‘assecondare’ la forza dell’avversario per averne ragione (se l’avversario ti spinge, tiralo ; sei ti tira, spingilo), così la Capriglione volge a proprio favore quanto invece dovrebbe intralciarla. Per cui senza mezzi termini mette in piazza debolezze, fragilità, dubbi e altra zavorra per farne il punto di partenza di una risalita rabbiosa. Inizialmente, tanto la induce a caricare il personaggio più del dovuto, col risultato di sconfinare nella scompostezza, anche al di là di quanto imposto dalla parte. Ciò però non avviene nella successiva – e migliore – parte dello spettacolo, che idealmente ha inizio quando la sfuriata cede il passo alla riflessione. Qui il pathos è meglio calibrato, il dolore suona credibile, lo spettacolo funziona e la platea ne è come investita. Mariantonia Capriglione può fare leva su un temperamento di tutto rispetto, che, alleggerito dell’ansia di mettersi in mostra, promette a breve più apprezzabili risultati. – Costumi : Franco Colamorea ; organizzazione : Liliana Tangorra ; produzione : Fatti d’Arte.

Italo Interesse


Pubblicato il 4 Aprile 2023

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