Il neo gruppo di Calenda alla Regione resta in maggioranza, ma Emiliano lo caccia
Le notizie che fino mercoledì scorso erano indiscrezioni che circolavano nei corridoi del Palazzo regionale barese di via Gentile ieri mattina sono state confermate in conferenza stampa, a Bari, dal leader nazionale di “Azione”, Carlo Calenda. Ovvero tre consiglieri di maggioranza alla Regione, Fabiano Amati e Ruggero Mennea del Pd ed il civico Sergio Clemente del gruppo consigliare “Popolari per Emiliano”, hanno abbandonato le rispettive formazioni in cui nel 2020 sono stati eletti, per aderire al “Terzo polo” di Renzi e Calenda. E quest’ultimo, presentando il passaggio di tre consiglieri pugliesi della maggioranza di centrosinistra alla formazione politica da lui guidata, ci ha tenuto ha precisare: “Non chiederemo, non chiederò e non abbiamo mai chiesto ai consiglieri regionali che sono venuti con noi, in nessuna parte d’Italia, di cambiare dalla opposizione alla maggioranza o dalla maggioranza all’opposizione, perché sono stati eletti in quella posizione e decideranno loro come muoversi e cosa fare”. “L’importante – ha sottolineato Calenda – è che la linea politica sia quella che stiamo esprimendo”. “Noi – ha poi aggiunto il leader di ‘Azione’ – ci aspettiamo molto dalla Puglia’”, perché “è una regione con cui ho avuto molto a che fare da ministro e tuttavia riteniamo e pensiamo che vada costruito un modo di fare politica in Puglia davvero moderno”. Per Calenda, la Puglia “forse è la regione nel Mezzogiorno che più si presterebbe a spiccare il volo per diventare una regione europea anche per il lavoro che ha fatto Vendola in passato e, per alcune cose buone, Fitto”. Un lavoro che – a giudizio dello stesso Calenda – si è però interrotto nell’ultimo periodo. Ovvero con l’avvento alla guida della Regione dell’attuale governatore Michele Emiliano. Ma a non gradire la presenza di “Azione” nella maggioranza giallo-rossa che in Puglia sostiene Emiliano alla guida della Regione sono verosimilmente gli esponenti del partito di Giuseppe Conte, il M5S, che già dalle prime avvisaglie della possibile formazione di un gruppo regionale facente capo al partito di Calenda e Renzi, hanno avvertito Emiliano ed il Pd della loro indisponibilità a restare in maggioranza. Infatti, già mercoledì sera, con notevole anticipo rispetto all’ufficializzazione della formazione del nuovo gruppo nell’Aula barese di via Gentile, il segretario del Pd pugliese, Marco Lacarra ed il capogruppo regionale del partito, Filippo Caracciolo, hanno anticipato il presidente Emiliano nel dichiarare l’indisponibilità a mantenere nelle fila della maggioranza giallo-rossa della Regione i probabili fuoriusciti di centrosinistra che avessero aderito al partito di Calenda. I motivi? Li ha spiegati il presidente Emiliano quando ha avuto conferma delle indiscrezioni che fino a poco prima circolavano nel Palazzo di vetro di via Gentile. “La nostra – ha affermato Emiliano – è una coalizione che si basa su un programma condiviso e su intese politiche che sono il risultato di percorsi pubblici e trasparenti. La nostra maggioranza di Governo è composta da Pd, Liste civiche e Movimento 5 Stelle. Nessun dialogo politico è mai stato intrapreso con Azione e Italia Viva, che hanno fatto sempre una ferma opposizione alla nostra amministrazione sia prima che dopo le elezioni regionali”. “Si aggiunga – ha, tra l’altro, dichiarato il Presidente della Regione – che il partito che ha accolto i due consiglieri (ndr – fuoriusciti dal Pd) è da sempre dichiaratamente ostile ovunque in Italia al Movimento 5 Stelle, che pure costituisce forza politica di riferimento della giunta regionale da me presieduta. L’uscita odierna, quindi, più che provocatoria e incoerente, dimostra un disprezzo per la politica come corretta e seria relazione tra i soggetti politici”. Pertanto, per Emiliano, “la dichiarazione del leader politico nazionale di ‘Azione’ e dei suoi neo-adepti locali di voler rimanere in maggioranza è niente di più che una dimostrazione di mancanza di rispetto e di senso delle istituzioni politiche della Regione Puglia”. In fine, Emiliano ci ha tenuto a sottolineare che “dopo avere acquisito parere conforme da tutte le forze di maggioranza, non posso che estromettere formalmente dalla maggioranza tutti i consiglieri che oggi hanno aderito alla nuova formazione politica”. Un modo, questo, per il governatore pugliese di “confermare i rapporti di leale collaborazione e di rispetto istituzionale nei confronti del Partito Democratico, del Movimento 5 Stelle, di Con, di Per la Puglia e dei Popolari, di Sinistra Italiana che con efficacia e dedizione onorano con la loro azione il governo della Regione Puglia”. Posizione, secondo Emiliano, che “peraltro rispetta prima di ogni cosa gli indirizzi dei cittadini e cittadine che ci hanno votato, senza consentire l’elezione di nessun componente dell’aggregazione politica che invece oggi si è costituita utilizzando voti mai conquistati”. Frasi “pesanti” queste di Emiliano nei confronti di chi ha abbandonato le rispettive formazioni politiche in cui sono stati eletti nel 2020, per passare con una forza analogamente di centrosinistra, ma ritenuta evidentemente “nemica” giurata sul piano personale prima ancora che politico. Un rifiuto, quello di mantenere nel perimetro di maggioranza Amati, Mennea e Clemente che Emiliano ha fatto procedere, però, da un coro di tutte le altre forze di maggioranza. Quasi a voler far capire a Calenda, ma soprattutto ai tre consiglieri del neo gruppo di ‘Azione’ che hanno comunque manifestato la volontà di non voler lasciare la maggioranza, che a volerli fuori dalla maggioranza sono tutte le altre forze della coalizione giallo-rossa e, quindi, il Presidente dell’esecutivo non ha potuto far altro che adeguarsi. Certo, se Emiliano non avesse voluto, l’estromissione forse non sarebbe stata effettuata. Ma a spingere sull’acceleratore – come innanzi accennato – saranno stati verosimilmente i pentastellati che politicamente con Calenda e Renzi sono – come è noto – ai “ferri corti” già a livello nazionale. Non meno pungente delle parole di Emiliano, nei confronti dei fuoriusciti e della loro nuova formazione di appartenenza, anche la dichiarazione di Calenda a margine della conferenza stampa di ieri a Bari, dove ha anche affermato che “Questo non è il sultanato di Michele Emiliano. Questo è un posto libero. E’ una grande Regione italiana, che può essere il treno del Mezzogiorno, perché è una delle regioni più moderne” del Sud che “ha opportunità straordinarie, ma deve cominciare a ragionare in modo indipendente”, perché “qui non c’è un sultano”. Ed alla domanda “Azione alla Regionali che farà?”, Calenda ha risposto: “Ora vediamo”. Per poi Amati aggiungere: “Uno dei candidati probabili alle Regionali, Antonio Decaro (ndr – attuale sindaco di Bari del Pd), è una persona che noi stimiamo”. Dichiarazione, questa di Amati, interpretata evidentemente in maniera maliziosa dal segretario del Pd pugliese, Lacarra, poiché potrebbe aver insospettito Emiliano su possibili rapporti trasversali di Decaro con Renzi e Calenda, per cui lo stesso Lacarra a subito replicato ad Amati: “Suggerisco al consigliere Amati di evitare la fatica di provare a rompere la ventennale sintonia tra Michele Emiliano e Antonio Decaro”, perchè “è uno sforzo inutile: ci hanno provato in tanti, ma hanno tutti fallito nell’impresa. Non esiste alcun margine di applicazione del principio del “divide et impera” tra i due principali riferimenti della primavera pugliese” Quindi, per Lacarra, “Amati ha fatto una scelta diversa” ed il suo consiglio è “di concentrarsi sulla nuova strada che ha intrapreso” e “se pensa che questa tattica sia funzionale a lasciare aperte porte per il futuro, ha sbagliato l’analisi”. Ma ha sbagliato davvero Amati o, forse, è Lacarra (ed insieme a lui forse Emiliano!) a non essere forse ancora bene informati sui possibili rapporti trasversali di Decaro? Infatti, in politica – come è noto – non si dovrebbe “mai dire mai”. Infatti, a tal proposito anche Emiliano “docet” con il suo far politica.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 8 Dicembre 2022