Cultura e Spettacoli

Il pane di Orazio

In una celebre Satira, Orazio descrive il suo viaggio in compagnia di Mecenate da Roma a Brindisi. Dopo aver fatto tappa a Trevico, Orazio e compagni viaggiano “velocissimi” per ventiquattro miglia prima di raggiungere “una piccola città” il cui nome “non entra nel verso” e dove l’acqua è così preziosa da essere venduta e il pane è “una meraviglia”. Un pane così buono che il viaggiatore “avvertito” usa farsene una buona carico. L’accortezza è legata ad altro avvertimento : il pane di Canosa (prossima tappa) “è duro come la pietra”. Diverse città pugliesi si contendono il primato d’essere quella il cui nome non trovò spazio nell’esametro oraziano. Ascoli Satriano sgomita su tutte e ha ragione di farlo. Calcolando che il miglio terrestre romano corrisponde a poco meno di un chilometro e mezzo, quelle ventiquattro miglia percorse da Trevico sino alla misteriosa destinazione in direzione Canosa equivalgono a un 36 km, ovvero l’effettiva distanza tra il piccolo centro dell’avellinese ed Ascoli Satriano. Veniamo adesso al silenzio di Orazio a proposito di Ascoli Satriano. Tecnicamente un Ausculum Satricum era uno di quei nomi che potevano mettere in difficoltà un poeta obbligato a rispettare le complicate regole della metrica. Tuttavia qui c’è di mezzo Orazio, maestro del verso… La nostra idea, allora, è un’altra : Orazio nascose dietro difficoltà tecniche la precisa volontà di non citare Ascoli Satriano. Quel nome doveva evocare nella memoria di Roma ricordi  tristissimi. A distanza di duecentocinquant’anni bruciava ancora la grave sconfitta patita ad opera delle forze di Pirro nel 279 a.C. proprio nei pressi di quella città. Portava male nominare Ascoli Satriano. I Romani erano fatti così. Per dirne una e restando a Pirro, quando nel 275 quel monarca balcanico sbarcato in Italia con i suoi famosi elefanti a sostegno di Taranto, venne definitivamente sconfitto davanti alle porte di Maleventum, quella città vide mutato il proprio nome in Beneventum, attuale Benevento… Oppure Orazio aveva un qualche personale conto in sospeso con Ascoli Satriano? Egli era nato non lontano di lì, a Venosa, dove il padre esercitava il mestiere di ‘coactor’, cioè di esattore di gabelle. Ora, da sempre  i gabellieri sono mal visti, specie da debitori in difficoltà. Il padre di Orazio saggiò il bastone di astiosi contribuenti di Ascoli Satriano che possedevano fondi nell’agro di Venosa? Orfano della madre a sette anni, Orazio adorava il padre, educatore esemplare di cui dirà in un’opera che, fosse rinato, non ne avrebbe voluto uno diverso. Per un bambino d’indole sensibile e segnato da un cattivo ricordo legato di un ‘ascosatrico’, non è difficile mettere in incubazione l’odio verso tutta una (innocente) città.

Italo Interesse


Pubblicato il 22 Marzo 2014

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