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Il Pd è l’ultima delle preoccupazioni per Emiliano alle prossime regionali

Il Pd pugliese è forse l’ultima delle preoccupazioni per il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che è al lavoro da tempo per la sua riconferma alla guida dell’Ente nella primavera del 2020. Infatti, il governatore pugliese di recente ha ultimato il rimpasto di Giunta con cui ha portato nell’esecutivo un esponente eletto nel 2015 nelle fila del centrodestra ed ora in maggioranza, Gianni Stea (ex Ap e poi Fi), ed un altro, Cosimo Borraccino di Sinistra italiana, che era stato eletto nelle fila a sostegno di Emiliano con la civica di “Noi a sinistra” (promossa alle regionali del 2015 dall’allora senatore pugliese di Sel Dario Stefano, ora del Pd) e che dallo scorso marzo era però passato all’opposizione. Posti, quelli assegnati a Stea e Borraccino, che in precedenza erano stati occupati da due consiglieri del Pd, Filippo Caracciolo e Michele Mazzarano, che lo scorso inverno si sono dimessi per le ormai note vicende che li hanno riguardati. In definitiva, Emiliano ha utilizzato due assessorati che precedentemente erano in quota al partito di maggioranza relativa alla Regione, il Pd, per far posto a due nomi che non solo gli consentono di allargare la sua attuale maggioranza nell’Aula di via Capruzzi, ma soprattutto gli saranno utili alle prossime regionali del 2020, quando la battaglia per la riconferma sarà incentrata ad arginare l’avanzata di forze sovraniste e populiste che, nei recenti sondaggi, sono in forte ascesa anche in Puglia. Quindi, dal rimpasto il gruppo consigliare del Pd in via Capruzzi esce fortemente ridimensionato in termini di rappresentanza nell’esecutivo, avendo appena tre assessori a fronte di ben 11 consiglieri, quando invece ci sono le due liste civiche che fanno capo al governatore ( “Emiliano sindaco di Puglia” e “La Puglia per Emiliano”) che, pur contando complessivamente sei esponenti, possono vantare nell’esecutivo un numero di assessori pari a quelli di Pd. Però, evidentemente, la logica applicata dal governatore non è quella dei posti di giunta rapportati proporzionalmente al numero di consiglieri di ciascun gruppo politico, ma è invece altra, ossia quella di garantire la presenza nell’esecutivo a tutte le sigle della maggioranza che lo sostiene in consiglio. E, seguendo tale ragionamento, Emiliano anche nella scelta degli assessori del suo partito, il Pd per l’appunto, avrebbe dovuto bilanciare la rappresentanza di giunta di tale forza politica scegliendo al suo interno almeno un nome di area renziana, considerato che 1/3 del gruppo consigliare pugliese è composto da esponenti che fanno capo direttamente all’ex segretario-premier Matteo Renzi. Invece, come è noto, Emiliano sin dal suo insediamento, nel luglio del 2015, ha deciso di tenere fuori dall’esecutivo i consiglieri del Pd di area renziana. E li ha lasciati fuori anche con il recente rimpasto pur sapendo che dei voti di questi consiglieri del Pd dovrà avere bisogno, non tanto in Consiglio regionale, dove è impensabile che costoro possano unirsi nelle votazioni d’Aula con le forze opposizioni, quanto nelle urne della consultazione per la sua riconferma a governatore nel 2020. Ma evidentemente il leader di “Fronte democratico” è certo che alle prossime regionali il Pd pugliese non ha alternative per il nome da sostenere a candidato presidente. Una certezza che, verosimilmente, ad Emiliano deriva dal fatto che in Puglia una fetta consistente del Pd è controllata direttamente da lui, mentre le restanti anime, ossia quella renziana e quella orlandiana, devono gioco forza sottostare ai suoi diktat, se vogliono continuare ad avere “diritto di cittadinanza” nel partito pugliese, visto che il governatore anche all’interno di queste ultime è in grado di esercitare dei condizionamenti su alcuni esponenti rappresentativi delle stesse. Ed il condizionamento più forte è sicuramente quello che Emiliano può esercitare sulla componente barese dell’anima renziana del Pd pugliese. Infatti, in Terra di Bari a rappresentare Renzi ci sono il sindaco del capoluogo e metropolitano, Antonio Decaro, ed il segretario regionale del partito, il neo deputato Marco Lacarra. Per cui Emiliano, quando ha deciso di sacrificare gli esponenti di area renziana alla Regione, sapeva bene di poterselo permettere perché, in caso di un ammutinamento nei suoi confronti, a pagarne le conseguenze politiche potrebbero essere in primis rappresentanti baresi della corrente del Pd che fa capo all’ex-segretario Renzi. Sempre che la presenza di Decaro e Lacarra nelle file dei renziani non sia stata pianificata in precedenza, a tavolino, dallo stesso Emiliano, per avere il controllo pugliese del partito, sia direttamente che indirettamente. Ma questo è un altro discorso.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 12 Ottobre 2018

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