Il “poltronificio” di Emiliano dovrebbe valere anche per il nuovo Cda Corecom
Non ci sono solo gli Enti “inutili” della Regione Puglia a riempire il lungo elenco delle spese e degli sprechi dell’Amministrazione pugliese, ma vi è anche un consistente numero di nomine a consigliere che potrebbe entrare nella lista dei costi superflui della Regione. Infatti, sono ancora molti gli organismi di competenza regionale che contano un numero di componenti che potrebbe invece essere ridotto, facendo funzionare ugualmente l’organismo da amministrare. Dal 2013 al 2015, con l’ex governatore Nichi Vendola, la Regione Puglia ha fatto un passo avanti nel contenimento dei costi complessivi di gestione degli organi di nomina regionale, tentando di ridurre sia gli enti “inutili” sia il numero degli amministratori di enti e società della Regione. Infatti, il numero degli enti regionali verosimilmente inutili era stato ridotto a 118 unità, mentre in diverse società partecipate, come ad esempio l’Aqp (l’Acquedotto pugliese spa) e l’Adp (Aeroporti di Puglia spa), erano stati sostituiti i cda (consigli di amministrazione) e rispettivi presidenti, vice, ecc con un ad (amministratore unico). Ma dal 2015, con l’arrivo dell’attuale governatore, Michele Emiliano, la tendenza è stata invertita e così in meno di due anni gli enti “inutili” sono divenuti 139, ossia ben 21 in più, e gli ad delle partecipate alla scadenza vengono sistematicamente ripristinati da un cda, con tutti i nessi e gli annessi che questi organi collegiali di gestione comportano. Qualcuno, difende la scelta del nuovo corso politico regionale affermando, però, che il costo complessivo delle indennità di funzione per gli organi di gestione delle società partecipate è rimasto invariato, perché il precedente appannaggio corrisposto a ciascuno ad è stato ripartito ai componenti del cda. Per cui non ci sarebbero incrementi di costi per la gestione degli “enti” di proprietà regionale. Tale assunto, secondo altri, è parzialmente vero, in quanto vi è una serie di altri costi “indiretti” che esulano dalle indennità (costo “diretto” degli organi di gestione), ma che complessivamente incidono con un incremento esponenziale della spesa di mantenimento, a carico dell’ente, nel passaggio dall’ad al cda. E che la tendenza del governatore Emiliano sia quella di aumentare il numero di posti di competenza regionale, da assegnare con le nomine, e quindi con la creazione di ulteriori poltrone di sottogoverno della Regione, è confermato anche dalla recente notizia che, per porre rimedio al pasticcio di martedì scorso in Consiglio regionale nell’elezione del cda del Corecom, dove il rappresentante della minoranza assembleare è stato sabotato, nell’area di governo della Regione c’è chi ipotizza ad un ritorno a 5 membri per l’organo di gestione del menzionato Comitato, anziché a 3 componenti, come stabilito dalla legge regionale n.14 del 2012. Quindi, un ritorno al passato per il Cda del Corecom, benché la formula giustificativa di detto ripristino sia sempre quella del cosiddetto “costo invariato” per la spesa complessiva dell’organo di gestione. In definitiva, il “poltronificio” regionale è davvero difficile da contenere, soprattutto quando ad essere scontentati da certe riduzioni sono i partiti, come è nel recente caso del Corecom, dove esigenze di equilibri interni al Pd imporrebbero la “non rinuncia” di un terzo “incomodo” per garantire l’ingresso nel Cda dell’esponente di minoranza. Quindi, anche in questo caso, la miglior soluzione per chi governa la Regione Puglia è probabilmente quella di allargare il numero dei posti da assegnare, piuttosto che mantenerli secondo quanto previsto in precedenza, al fine di contenere i costi “indiretti” del Cda. E questo perché in politica è più semplice spendere e spandere che stringere i cordoni della borsa, specialmente quando a subirne gli effetti negativi dovrebbero essere gli apparati clientelari dei politici. Perché – come è noto – quando le ripercussioni nefaste dei contenimenti di spesa pubblica sono a carico della collettività, come in taluni casi della Sanità, il ritorno all’antico è sempre problematico.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 7 Ottobre 2017