Cultura e Spettacoli

Il Preside contro la ‘pesca notturna a fuoco’

L’uso dell’esplosivo nella pesca – pratica che fa scadere l’esercizio della pesca in bracconaggio – è oggi vietato per ragioni ambientali (salvaguardia del patrimonio ittico). In passato lo stesso divieto aveva ragioni di ordine pubblico. Nel 1653 il Preside della Provincia di Bari emetteva un’Ordinanza nella quale si vietava la “pratica della pesca notturna a fuoco”. L’infrazione sarebbe costata ai rei, oltre ad una pesante sanzione pecuniaria, “quattro tratti di corda” (fonte : Vito Melchiorre). Il perché di così severa disposizione stava nel fatto che quei boati mettevano in allarme l’intera città, venendo scambiati per la risposta delle bocche da fuoco delle nostri torri costiere a tentativi di sbarco di feluche turche. Questa pagina di micro storia locale, solleva due stuzzicanti interrogativi. Il primo : Se quattro secoli fa non potevano esistere ordigni a tempo capaci di detonare in immersione, come facevano quegli antesignani delle pesca di frodo a fare strage di pesci col buio? Si può immaginare questo : Col mare quieto, venivano lasciate galleggiare sul pelo dell’acqua numerose ‘padelle’ contenti torce accese e ravvicinate l’una all’altra per mezzo di cordicelle. Come ancora oggi funziona con la pesca ‘alla lampara’, i pesci scambiando quel chiarore per l’alba si avvicinavano alla superficie. A quel punto un quantità di esplosivo posta su un’altra padella, collocata al centro delle altre ed innescata da un gomitolo di miccia, brillava. Lo spostamento d’aria trasmettendosi anche all’acqua faceva strage nel raggio di un paio di metri. Poi, illuminando lo specchio d’acqua per mezzo di fiaccole si provvedeva con un retino a raccogliere i pesci che galleggiavano morti. Secondo interrogativo : Che significa punire infliggendo ‘tratti di corda’? Quello del ‘tratto di corda’ era un antico sistema di tortura, talvolta applicato come pubblica pena corporale. Consisteva nel legare con una lunga corda i polsi del reo dietro la schiena e poi nell’issare il corpo per mezzo di una carrucola. Il peso del corpo veniva così a gravare tutto sulle giunture delle spalle. Per aggravarne gli effetti, la corda veniva ripetutamente allentata di colpo per un certo ‘tratto’ e bloccata ; la gravità sul peso del corpo provocava uno strappo ai muscoli e la slogatura delle braccia all’altezza dell’articolazione delle spalle. Per aumentare ulteriormente l’efficacia della tortura, ai piedi della vittima potevano essere legati dei pesi; generalmente la conseguenza del trattamento comportava la storpiatura a vita (il  termine ‘tortura’ deriva appunto dalla pratica del ‘torcere’ le braccia). Così il Belli nel 1853 commentava gli effetti del tratto di corda : “Prima la corda al corso era un supprizio / che un galantuomo che l’avessi presa / manco era bono più a servì la chiesa / manco a fa’ er ladro e a guadagnà sur vizzio”.

Italo Interesse

 

 

 

 

 

 


Pubblicato il 4 Settembre 2019

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