Cultura e Spettacoli

Il prete officiava per i briganti

La notorietà della Masseria Monaci di San Domenico o di San Domenico Maggiore posta tra i territori di Noci e Mottola è legata ad un grave fatto di sangue. Era l’1 dicembre 1862 quando fra quelle mura la banda del Sergente Romano veniva  gravemente battuta da uomini della 16esima Compagnia del 10° Fanteria dell’Esercito del neonato Regno d’Italia (la sconfitta segnerà il declino del condottiero gioiese, che troverà la morte di lì a poco – il 5 gennaio 1863 – nelle boscaglie del paese natio). Perché quel giorno la più importante formazione di Insorti di Puglia era alla Masseria Monaci ? Era quello il principale punto di riferimento per le tante comitive di rivoltosi che all’indomani dell’Unità imperversarono soprattutto  tra Murgia e Terra d’Otranto. Lì, oltre a rifornirsi di armi e vettovagliamento, quegli uomini trovavano conforto religioso. A fornirglielo era un sacerdote di Noci, Vito Nicola Tinella, il quale, nella cappelletta della masseria, officiava una messa ‘brigantesca’. La particolarità di questa funzione consisteva nel fatto che nel corso della stessa veniva recitata la ‘Oremus pro rege Francisco’, un’ardente litania nella quale si invocava l’Altissimo perché Re Francesco fosse quanto prima reinsediato sul suo trono con conseguente cacciata dell’usurpatore piemontese. Ritroviamo questo religioso fiancheggiatore nella vicenda di Carlo Antonio Castaldi, un soldato piemontese disertore che entrò a far parte della banda Romano. Nell’imminenza del Natale del 1862, il Castaldi, scrisse alcune righe alla famiglia, che viveva a Vagliumina di Graglia in provincia di Biella. Non potendo esporsi spedendola di persona, la affidò nelle mani del Tinelli, il quale sapeva come farla recapitare fuggendo l’occhiuta polizia postale. Ma quella lettera – nella quale gli uomini del Sergente vengono chiamati soldati e non già briganti – non giunse mai a destinazione. Gli venne ritrovata, lacerata in quattro pezzi, nella tasca della tonaca, il giorno del suo arresto, avvenuto il 19 gennaio 1963 (viene da pensare ad un estremo ma sfortunato tentativo di liberarsi di materiale compromettente). Che fine abbia fatto il Tinella non è dato sapere. Escludiamo il carcere e perfino la sospensione ‘a divinis’. Forse si difese e con successo affermando d’essere sotto minaccia di morte o sotto ricatto, di non poter mettere a repentaglio la vita dei propri familiari… In ogni caso avrà fatto valere le potenti amicizie di cui i sacerdoti di Noci godevano in alto loco. Il paesetto della Valle d’Itria doveva avere un ruolo strategico per il movimento di ‘resistenza’. A confermarlo è lo stesso Castaldi in quale in sede di interrogatorio ammise che “palle e polvere, mediante l’assiduo concorso di un tal Miccolis, monaco di Noci ma residente nella metropoli pontificia, erano spedite dal porto di Civitavecchia ad una baia di Taranto donde poi per via d’ingegnosi stratagemmi messi in opera da una caterva di manutengoli, pervenivano alla voluta destinazione”.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 11 Febbraio 2014

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