Cultura e Spettacoli

Il Principe di Sangro era un mago?

Nato a Torremaggiore nel 1710, Raimondo di Sangro fu il committente del celeberrimo ‘Cristo velato’, scultura conservata nella Cappella Sansevero di Napoli

Raimondo di Sangro, principe di Sansevero, nato a Torremaggiore il 30 gennaio 1710 fu il committente del celeberrimo ‘Cristo velato’, una scultura realizzata nel 1753 da Giuseppe Sanmartino e conservata nella Cappella Sansevero di Napoli. L’opera è passata alla storia per l’effetto straordinario e anche inquietante prodotto dal sudario adagiato sul corpo del Salvatore. Un risultato che divide. C’è chi crede solo al talento straordinario di Sanmartino e chi invece pensa ad una scultura sulla quale sia stato adagiato un velario di stoffa ‘sensibile’, poi impregnata di una sostanza chimica ‘vetrificante’ ; in quest’ultimo caso la stoffa e la sostanza chimica impiegate sarebbero frutto di conoscenze esoteriche. Ma allora, ribattono i sostenitori della tesi non esoterica, come spiegare quanto affermato da analisi accuratissime e cioè che figura e sudario appartengono allo stesso blocco roccioso? Una risposta può essere questa: Una stoffa ‘non comune’ che venga immersa in un ‘bagno acido’ può perdere l’elemento vegetale (che a questo punto si dematerializza) e ‘impregnarsi’ a livello molecolare del supporto roccioso su cui viene stesa… I sostenitori della tesi esoterica sono convinti che dietro la mano di Sanmartino ci sia stato il sapere del Di Sangro. Uomo geniale e dalla curiosità poliedrica, Raimondo di Sangro si occupò anche di esoterismo e alchimia. Dopo il 1751 il Di Sangro «pensò di darsi tutto allo studio della fisica sperimentale come la più profittevole per l’umana società» (Origlia Paolino, 1753-1754, II, p. 374). Le esperienze scientifiche che fece furono molte, e molto bizzarre: risurrezione di granchi con sangue di bue; produzione di sangue con letame, con cibi masticati e acidi ed altre cose “fuori dell’ordine della Natura». Di tutte queste esperienze egli sottopose al pubblico soltanto quella del lume ‘eterno’, che aveva ritrovato «facendo una chimica esperienza», ma che durò per soli tre mesi. Tornando al ‘Cristo velato’, c’è un altro punto: Se il Cristo Velato è tutta farina del sacco di Sanmartino, perché lo scultore partenopeo, soprattutto alla luce dell’enorme successo dell’opera, non replicò il soggetto o non adattò ad altro soggetto la stessa stupefacente tecnica…? Forse non poteva senza l’aiuto del Di Sangro, il quale a sua volta doveva avere tutto l’interesse a che il suo Cristo Velato restasse inimitabile. Se Sanmartino non vuotò il sacco lo fece per calcolo o prudenza, ovvero allo scopo di evitare che la sua fama venisse ridimensionata o di patire le conseguenze della violazione di un patto di segretezza (se l’autorità religiosa avesse fiutato la presenza del Maligno negli esperimenti di Raimondo di Sangro, Sanmartino rischiava la correità). Una parte consistente della produzione di Sanmartino è in Puglia, distribuita tra Monopoli, Foggia, Martina Franca e San Severo. Il meglio però è conservato a Taranto: il cappellone della chiesa di San Cataldo è ornato da otto statue di grandi dimensioni a riproduzione di San Filippo Neri, San Domenico, Santa Teresa D’Avila, San Francesco di Paola, Santa Irene, San Giovanni Gualberto e San Giuseppe.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 21 Gennaio 2025

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