Il Professore comprava bestiacce
Alcune notiziole hanno il potere di illustrare un segmento sociale o un momento storico con più profondità di un saggio specialistico. Sfogliando ‘La Puglia nell’Ottocento – la terra di Manfredi’, memorie di viaggio di Janet Ross, la viaggiatrice inglese che visitò la Puglia nel 1888, si legge a proposito di Trani : “Sulla porta di una casa, in una strada lurida e stretta, rilevai e presi nota di questa iscrizione da medio evo : Professore Ricca. Il medesimo Professore Ricca, per fare i suoi unguenti, compera serpenti e serpe grosse, vive. Lupi, orsi, scimmie, marmotti, faine e tante altre razze di animali selvaggi vini e sani”. Dunque, ai primordi della civiltà industriale, che da noi giunse con una settantina d’anni di ritardo, era ancora in salute la Puglia ‘mitica’, quella della licantropia, del malocchio, degli scongiuri, del tarantolismo, degli esorcismi, dei guaritori. A poco più di un quarto di secolo dall’Unità d’Italia era sempre il tempo dei cialtroni da fiera, degli imbonitori da piazza, dei fabbricanti di elisir di lunga vita e di filtri d’amore, pozioni e unguenti per fatture a morte… Crediamo che con queste ultime avesse a che fare il Professore Ricca. Nell’immaginario collettivo di derivazione medievale, agli animali temuti o repellenti erano attribuiti poteri negativi. Agli occhi di paesani creduloni, ‘estratti’ di rettili e fiere avevano più efficacia che derivati di lepre o di gallina. Ammesso che certe cose abbiano davvero potere, una ‘pomata’ che veniva presentata come il frutto di un paziente spappolare in un mortaio ali di pipistrello, code di vipere e occhi di civetta aveva più mercato che la medesima truffa ricavata macinando fegato di gatto, cuore di cavallo e cervello di mulo. Sempre guardando le cose dalla prospettiva del paesano mai uscito dal suo contado, allevato nell’ignoranza e forgiato nella superstizione, la sola idea di spalmare sulla porta del nemico personale un unguento a base di bestie repellenti o inquietanti bastava a placare il rancore che l’invidia, la maldicenza e l’insofferenza da sovrappopolazione sollevavano nelle piccole comunità. Fermo restando che il primo a non credere in queste baggianate era lo stesso ‘Professore. Il fatto poi che egli potesse con tanta facilità proporre l’acquisto di lupi, orsi, marmotte faine e altri animali “selvaggi” ci fa pensare che tanta ‘merce’ fosse comune. Ciò segnala da noi sulla fine dell’Ottocento un patrimonio faunistico di prim’ordine. Ma davvero c’erano orsi in Puglia e addirittura scimmie? I primi probabilmente popolavano ancora la Lucania e di lì, sotto forma di caldissime pellicce, raggiungevano i paesi della costa. Quanto alle scimmie, e “tante altre razze selvagge” – per cui anche tigri e leoni – non si può escludere che il piacere del micro zoo privato o dell’animale esotico fosse ben diffuso tra persone altolocate.
Italo Interesse
Pubblicato il 25 Ottobre 2013