Cronaca

Il progetto per la Centrale dell’Arte in alto mare

Sono trascorsi quasi quattro anni da quando tutti si accapigliavano e firmavano accordi e protocolli per cercare di riaprire il Teatro Petruzzelli, magari in concomitanza con la Festa del santo Patrono per il nuovo, grande teatro privato. Infatti, senza far troppo rumore, la Giunta Municipale guidata per la prima volta da Michele Emiliano aveva prima approvato la cancellazione dai beni disponibili del Comune l’ex Centrale del Latte di Viale Orazio Flacco, cuore pulsante del quartiere Poggiofranco e poi, con la stessa delibera giuntale, l’allora assessore al Patrimonio Giovanni Giannini anche provveduto all’approvazione dell’avviso pubblico per gestirlo, il politeama. E dopo la rapidissima procedura burocratica il 9 ottobre scorso di tre anni fa , all’apertura delle buste, anzi, della busta, La Commissione aveva provveduto ad aggiudicare la gara all’unica associazione di imprese partecipante, il Consorzio Cooperativo Centrale dell’Arte, composto da un nucleo di imprese teatrali rappresentative dell’intera Città di Bari. Storia vecchia, quella dell’ex Centrale di Via Orazio Flacco, che si dipana attraverso tentativi di rendere edificabile l’area, o cedere gli immobili all’Università di Medicina. Da quando, cioè, la precedente giunta di centrodestra stabilì di procedere all’alienazione dell’immobile in rovina oramai da tempo, incontrando la resistenza dei comitati e cittadini del quartiere. Proposte e controproposte si sono accavallate per diverso tempo, senza effettivo costrutto, fino a gennaio 2009. Allorquando, appunto, il Consorzio Cooperativo Centrale dell’Arte ha inviato a Comune di Bari e alla Terza Circoscrizione Picone-Poggiofranco un’istanza per ottenere in concessione per un lungo periodo l’ex Centrale del Latte, specie di rudere occupato da un paio di associazioni da ristrutturare completamente per destinarla a ‘centrale della creatività culturale e teatrale’. Insomma, da centrale del latte a centrale culturale, il passo sembrava proprio breve. Una proposta di tutto rispetto, quella del consorzio che, però, doveva passare attraverso la realizzazione anche dei nuovi uffici circoscrizionali e d’uno spazio aperto al servizio dei cittadini, prima ancora che ‘polidisciplinare’ al servizio, appunto, dell’Arte. Almeno cosi’ la pensavano al Comune. Ma l’iter burocratico dopo l’appalto del 9 ottobre 2009 era parso a molti subito impervio: acquisita, infatti, la documentazione di rito, bisognava valutare la capacità tecnica e professionale del ‘pool’ di imprese per costruire il nuovo complesso teatrale e comunale, per evitare brutte sorprese. Proprio per questo era stata predisposta la proposta di deliberazione sottoposta al Consiglio Comunale allo scopo di stabilire i rapporti tra le parti. Il Comune, infatti, aveva anche deciso che nei fabbricati al piano terra che circondano l’ex Centrale dovevano essere riservati dei locali alla Circoscrizione Picone-Poggiofranco e alle associazioni ‘Serbari’ e ‘Stomizzati’, per un utilizzo che non potrà eccedere i quarant’anni. Nel bando aggiudicato dall’amministrazione municipale era anche previsto il rientro del bene così come ristrutturato nella disponibilità del Comune, senza che nulla fosse dovuto al concessionario. Nell’intesa, che poi è saltata per un mix di motivi tecnici e –diciamo così- politici le spese sostenute per la ristrutturazione si intendano compensate con i canoni, ma non con quelle di allestimento. Spese, queste, a totale carico del concessionario. Il megaconsorzio formato da una dozzina di cooperative locali che puntava sul palcoscenico della nuova “Centrale dell’Arte” quei 2-3 milioni di euro necessari alla sua ristrutturazione, nell’autunno di quattro anni stava preparando gli ultimi documenti per entrare in possesso dell’ex Centrale di Viale Orazio Flacco e, chissà, partire coi lavori già entro la fine di quell’anno, massimo all’inizio del 2009. Lavori da concludere, secondo le indiscrezioni di chi aveva visto quel progetto, non prima di un paio d’anni. Un progetto niente male che prevedeva non una, ma due sale da teatro più servizi vari, compresi bar e ristorante. La Bari della cultura e dei teatri, insomma, sembrava non solo Petruzzelli e pareva decisa di risorgere dalle ceneri di anni ed anni di chiacchiere e contributi pubblici. Poi la solita litigiosità e invidia in salsa barese di talune imprese teatrali locali, oltre alla cronica scarsezza di mezzi economici, mischiata con la paura di perdere per sempre i sostegni pubblici, hanno fatto naufragare tutto, per la gioia di chi potrà continuare a dire che la cultura a Bari è solo e soltanto Fondazione Petruzzelli. E nient’altro…..   

 

Francesco De Martino


Pubblicato il 4 Agosto 2012

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