Il pugliese prudente tornò a casa
Il 17 marzo 1891, il piroscafo Utopia, un’unità della compagnia britannica Anchor Line varata nel 1874 e destinata alle traversate atlantiche, andava a fondo nel porto di Gibilterra trascinando alla morte tra le 562 e le 576 vittime, a seconda delle fonti. Alla sciagura concorsero le cattive condizioni metereologiche e l’imperizia del Comandante, John McKeague (poi riconosciuto dal Tribunale Marittimo di Gibilterra “responsabile di un grave errore di giudizio”). Partita pressoché vuota da Trieste e diretta a New York, la nave aveva fatto scalo prima a Palermo, poi a Napoli per imbarcare nel complesso 813 emigranti. Quanti di questi provenivano dalle Puglie? Proviamo a fare una stima teorica. Se si parte dalla ragionevole idea che da ogni regione si mosse un numero di migranti proporzionale al numero degli abitanti e se si assegna alla nostra popolazione una percentuale del 15% sul totale dei partenti, si può parlare di un numero di migranti pugliesi compresi tra le 130 e le 140 unità. Inutile cercare di risalire alla loro identità. A meno di mettersi a scavare tra gli incartamenti del processo relativo al risarcimento dei familiari delle vittime ; la vicenda giudiziaria si trascinò per mesi con ripercussioni tali in sede politica da sfiorare la rottura diplomatica tra Regno d’Italia e Impero Britannico. Ma lo sa il Cielo la fine che hanno fatto quei fascicoli. Sono passati 144 anni… La cruda contabilità della tragedia parla di 318 persone scampate al naufragio, di cui 290 erano emigranti di terza classe. Dovendo cercare solo tra quest’ultimi i nostri conterranei e volendo di nuovo applicare quella percentuale, si può concludere che a uscire vivi dall’Utopia furono una cinquantina d’emigranti pugliesi. E una volta portati in salvo?… L’unica cosa che si sa è che dei superstiti solo pochi proseguirono il viaggio con altra nave messa a disposizione dall’Anchor Line, mentre la maggioranza preferirono tornare indietro avendo voluto vedere nell’affondamento un segno infausto (un giornalista commentò che la nave aveva il destino scritto nel nome ; in greco ‘utopia’ significa ‘in nessun luogo’…). Questa volta rinunciamo a calcolare quanti pugliesi potrebbero aver sfidato la sorte una seconda volta. Quanto all’Utopia, essendosi adagiata su bassi fondali (foto d’epoca mostrano alberi e fumaiolo emergenti), pochi mesi dopo la nave venne recuperata dalla stessa società armatrice e rimorchiata in Scozia fino alla riva del fiume Clyde nell’idea di rimetterla in condizioni di tornare a navigare. Vuole la leggenda che l’Utopia abbia continuato a navigare sino al 1910. In realtà non si mosse più da quell’ultimo ormeggio, dove rimase ad arrugginirsi fino al 1910, anno della demolizione.
Italo Interesse
Pubblicato il 17 Marzo 2018