Il puzzle di Tommaso Anzoino
“La prima frase è fondamentale. Tutto il libro ne dipende. Ho speso anni per trovare le parola adatte a Cent’anni di solitudine”. Così Gabriel Garcia Marquez. Il problema dell’incipit ‘strategico’ riguarda un po’ tutta la letteratura, e da sempre. Soprattutto in tempi come questi se l’autore non prende il lettore entro le prime due pagine, non lo prende più. Tommaso Anzoino, che da poco ha dato alle stampe ‘Alla prossima scendo’, edito da Scorpione Editrice, non si cura di ciò e mette subito la strada in salita ; una salita destinata a restare costante e ad alta pendenza. ‘Alla prossima scendo’ vorrebbe essere la cronaca di un sogno letterario sfumato. Cosa intendeva scrivere Anzoino? Il dubbio, che prende corpo già dal primo capitolo, resta inappagato sino all’ultima di queste 154 pagine in cui si raccoglie una confessione affatto sussurrata, che non tollera veli o accomodamenti, che fluisce logorroica non contemplando oasi dove rifiatare. Incurante della necessità di un piano narrativo, refrattario alle lusinghe della punteggiatura, il flusso di coscienza di un ex Dirigente Scolastico si avventa sulla pagina con l’energia di fiume in piena, con la leggerezza che i ragazzi manifestano nello spedire mail ed sms, nel chattare e nel dialogare sui social, con l’insistenza di quei mastini da sala d’aspetto che, trovato a chi attaccare bottone, non mollano la presa. Anziché di fiore in fiore come un’ape, l’autore pugliese vola da un ricordo all’altro, disordinatamente. Dagli anni della gioventù retrocede a quelli dell’infanzia, di lì balza verso la maturità, poi torna indietro e così via. Il risultato è una valanga di materiale grezzo al cui interno brillano numerosi spunti meritevoli di valorizzazione. Però Anzoino, che fra richiami e citazioni qui coglie il destro per sfoggiare una cultura di prim’ordine, la pensa diversamente, per cui lascia la scrittura allo stadio selvatico, rinuncia ad addomesticarla : Ci pensi il lettore, sembra dire fra le righe. E il lettore, cui qui si chiede molto, arranca lungo l’erta ogni volta ripromettendosi di… scendere alla prossima, ovvero al prossimo capitolo. Sospinto invece dalla speranza di giungere prima o poi da qualche parte, si ritrova a tagliare il traguardo dell’ultima pagina. Lo sgomento allora lo assale. Tutto qui, una beffa?… Ma no. Anzoino cercava solo un pretesto per raccontarsi. Anzi, per vuotare il sacco, per togliersi qualche sassolino dalla scarpa, per dire finalmente pane al pane. Era dunque un romanzo autobiografico che aveva in mente? Se sì, si fa largo il sospetto che Anzoino, nelle cui corde è forse altro genere di narrativa, una volta realizzata questa idiosincrasia a dire di sé, lasci il lettore libero di ricomporre ciò che di fatto è un puzzle, di dare un senso a tanto putiferio di memorie. Soluzione tutto sommato più onorevole che affidare la propria parola all’algida onnipotenza di un revisore editoriale.
Italo Interesse
Pubblicato il 6 Aprile 2016