Il somaro o il vento?
Perché in Puglia, anticamente, i frantoi trovavano posto in ipogei e funzionavano sfruttando la forza degli animali? Premesso che un trappeto azionato dallo scorrere di un torrente sarebbe impensabile in una terra avara di corsi d’acqua, viene da domandarsi se non sarebbe stato più conveniente erigere i trappeti in superficie e sfruttare la forza del vento, risorsa abbondantissima in una pianura di quasi ventimila chilometri quadrati e geograficamente esposta al flagello delle correnti d’aria balcaniche. In effetti sarebbe stato più conveniente. Perché se la risorsa eolica è rimasta gratuita, i somari (le bestie più indicate a girare con gli occhi bendati intorno alla mola) ancora oggi hanno bisogno di mangiare, possono ammalarsi, finiscono col morire. Ma c’erano due elementi tecnici a fare da ostacolo al ricorso alla risorsa eolica. Innanzitutto la temperatura costante e umida degli ipogei creava le condizioni ideali per la premitura delle drupe e la conservazione dell’olio. Punto secondo, in una regione storicamente esposta a invasioni barbariche ed incursioni saracene un elemento architettonicamente vistoso come un mulino a vento avrebbe facilmente attirato invasori e predoni verso luoghi dove il bottino si annunciava facile e ricco. Tuttavia il mulino a vento non dovette essere del tutto estraneo alla Puglia. Perché, per esempio, nell’entroterra otrantino una località è detta Mulino a Vento?… Si dice – e appare verosimile – che lì un ingegnoso imprenditore avesse trovato come far girare la mola di un frantoio ipogeo sfruttando l’energia del vento. Pensiamo che la mola fosse collegata ad un albero di trasmissione che, salendo in verticale, trapanava la roccia e, una volta all’aperto, si collegava alla corrispondente torre del vento. Questo mulino a vento non sarebbe stato l’unico esempio in Puglia di impiego dell’energia del vento prima dell’avvento dell’aerogeneratore. A Margherita di Savoia, dove l’uomo estrae il sale dall’età della pietra, l’attività estrattiva ha conosciuto nel tempo numerose migliorie tecniche. La più innovativa, e che risale alla fine dell’Ottocento, aveva per oggetto una ruota ad alimentazione eolica che in forma di castello d’acciaio e sormontato da una volanda (il complesso delle pale) di quaranta ‘vele’, svettava a quindici metri d’altezza. Un mulino per triturare il grano grosso come ancora oggi si fa nelle Saline di Trapani? No. Il meccanismo era pensato per azionare una pompa idrovora la cui funzione consisteva nel pompare l’acqua di mare da una vasca all’altra. La macinazione del prodotto grezzo, invece, avveniva con un mulino azionato dalla forza del vapore.
Italo Interesse
Pubblicato il 13 Settembre 2019