Il ‘suono’ sollevava i macigni
La Puglia è piena di dolmen. Sulla funzione e sulla dislocazione di questi monumenti megalitici il dibattito è apertissimo. Al contrario, il dibattito sembra chiuso a proposito delle modalità di costruzione. Pretendere che queste opere siano il risultato dello sforzo congiunto di uomini ben organizzati è riduttivo. Basta osservare il delicato equilibrio sui cui si erge il Dolmen Della Chianca a Bisceglie (nella foto) per dubitare di grosse funi, gru, contrappesi e altri primordiali mezzi di sollevamento e posa in uso nell’età del bronzo. Viene invece più facile pensare a soluzioni come la levitazione sonica. Testimoni oculari narrano di monaci tibetani capaci di sollevare, spostare e posizionare enormi blocchi di pietra utilizzando il suono prodotto da particolari tamburi e trombe, oppure da un gong composto da tre anelli metallici disposti concentricamente con l’oro al centro, l’ottone all’esterno e il ferro in mezzo. Peraltro, in tempi recenti è stato possibile sollevare piccole pietre utilizzando particolari vibrazioni sonore. E ciò perché un’esatta ‘frequenza’ può annullare la gravità. Il ‘miracolo’ che è alla base di dolmen, menhir e di altre strutture megalitiche è il frutto di conoscenze antichissime che trovano conferma nel mito : Anfione, un figlio di Zeus, cinse di mura Tebe utilizzando pietre ciclopiche che sollevava e collocava col suono della sua lira. Nel Libro di Giosué gli israeliti fanno cadere le mura di Gerico col suono di alcune trombe. E davvero la stupefacente costruzione delle piramidi fu resa possibile dal sudore del popolo d’Israele ridotto in schiavitù?… Ai conquistatori spagnoli gli Inca raccontavano che la loro capitale era stata eretta migliaia d’anni prima da uomini in possesso del segreto di muovere le pietre al suono delle trombe. Anche nella cultura maja sono presenti racconti simili : una razza di ‘nani’ sapeva come innalzare e collocare a piacimento enormi blocchi rocciosi utilizzando un ‘fischio’… C’è chi crede che questa conoscenza sia solo una scheggia di un più vasto Sapere di cui fu depositaria la Civiltà Madre, cioè la civiltà di Atlantide, quella da cui prese vita l’epopea degli Assiri, degli Egizi, dei Sumeri… La tragedia che colpì il mitico continente di cui Platone parla in ‘Crizia’ non ne sterminò il popolo. I superstiti, approdati un po’ qui, un po’ lì, lasciarono traccia del loro Sapere insegnando agli ‘indigeni’come metterlo a frutto. Degli indigeni però solo gli elementi destinati a diventare capi-sacerdoti riuscirono ad apprendere il grande segreto, così disseminando a tutte le latitudini menhir e dolmen. In seguito, forse non trovando discepoli all’altezza o ritenendo imprudente consegnare a barbari segreti potenti, risolsero di tacere e trasmettere il sapere di Atlantide solo agli iniziati. Forse in giro c’è ancora qualcuno capace di edificare tutti i dolmen che vuole…
Italo Interesse
Pubblicato il 6 Settembre 2016