Cultura e Spettacoli

Il titolo, più croce che delizia

I titoli, che tormento per chi compone articoli. Devono essere intriganti e pertinenti. Sintetici sopratutto. Mica uno scherzo quando puoi disporre di cinque, massimo sei parole. Se poi il problema te lo poni alla fine, ad articolo redatto, con la stanchezza che preme e la fretta di consegnare il pezzo, allora è facile partorire titoli piatti, fuorvianti, inopportuni. Ma certe volte anche con tutta la buona volontà è difficile cavarsi dagli impicci. Prendiamo il caso, recentissimo, di quell’avocato di Locorotondo che per conto del proprio cliente e per una questione di usucapione ha notificato a una ventina di ultracentenari l’urgenza di presentarsi ad un’udienza fissata per il prossimo 30 giugno dinanzi al Tribunale di Bari. Nel caso in questione si tratta di proprietà in abbandono intestate a persone nate tra il 1841 e il 1893, dunque probabilemente decedute, e mai reclamate dai loro eredi. In questi casi la Legge consente che ad un possesso pacifico, pubblico, inequivovo e continuato per almeno vent’anni anni consegua l’acquisizione del diritto di proprietà. Mancando notizie dei proprietari e dei loro eredi (tutta gente probabilemente emigrata nelle Americhe) quell’avvocato ha fatto ricorso al pubblico proclama (la pubblicazione è avvenuta sulla Gazzetta Ufficiale di una settimana fa). E allora, come intitolare una storia del genere? Il modo più sbrigativo e ruffiano è quello di strizzare l’occhio all’uomo della strada, sempre sensibile alla teoria del complotto e al tema della prevarizione plateale e cinica : ‘Se la prendono anche con i morti’… Travisando le cose e forzando la mano alla scienza del diritto si potrebbe buttarla sul patetico : ‘Centenari alla sbarra’… Proviamo invece a giocare con le parole restando vicino al tema del pesce grande che mangia il pesce piccolo : ‘Usu…ca(p)pione’… Inutile andare avanti. Certe volte il titolo è per il cronista come il verso che non ‘entra’ al poeta. Finisce che ti stanchi, che non ti va di guastare tutto il lavoro per una manciata di parole male assortite. Insomma, meglio non intitolare. Anzi, meglio ancora non occuparsi del caso, cancellare il file, scartabelare fra i comunicati Ansa e pescare cose meno insidiose (perché complicarsi la vita?). Ma se proprio spiace sprecare un spunto di partenza comunque allettante, allora sarebbe il caso di interrogarsi sulla fine che faranno tra quindici, vent’anni le nostre bellissime campagne che, lontane dalle zone antropizzate (perciò affatto appetibili per il mercato del mattorne) ed intestate ad anziani che già se ne disinteressano per limiti di età, sono destinate ad essere snobbate da eredi restii a pagare imposte per beni di risibile capacità reddituale. Finirà che le usucapiranno i cinesi, i georgiani, i senegalesi…

Italo Interesse


Pubblicato il 21 Marzo 2015

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