Il trucco di Egnazia
Negli ultimi versi del Libro I delle Satire Orazio narra che quando nello scendere da Roma a Brindisi passò da Egnazia se la rise insieme a Mecenate e agli altri compagni di viaggio di quelli che volevano convincerli che sulla soglia del tempio locale, forse eretto in onore della dea Cibele, l’incenso bruciava senza bisogno di fiamma. Il poeta venosino non dice chi fossero costoro, né dove avrebbe avuto luogo questo tentativo di convincimento. Dobbiamo perciò immaginare : E’ dall’alba, quel giorno, che Orazio e compagni sono in viaggio. Devono raggiungere Brindisi prima di sera se non vogliono perdere l’imbarco. Ma hanno dovuto fare i conti con una stradaccia sino alla “pescosa” Bari (sai gli scossoni a bordo di un mezzo senza ammortizzatori). A Egnazia, stremati, decidono di concedersi una sosta : un bicchiere di vino, un boccone. Nella taverna molta gente : altri viaggiatori e avventori locali. Orazio e compagni socializzano con tutti. Il discorso cade sulla principale risorsa turistica di Egnazia : il miracolo dell’incenso che brucia senza fiamma, una cosa da non credersi, un’attrazione! Come puoi tornare a Roma e dire che sei passato da Egnazia senza esserti recato a vedere cosa succede sulla soglia del tempo di Cibele?… Mecenate, Orazio e compagni si guardano e si mordono la lingua per non ridere (“Ci creda il giudeo Apella, io no.”). Bisogna essere proprio dei provinciali, pensano, per credere a certe cose. Gli altri insistono : Venite con noi… Educatamente i viaggiatori rispondono che hanno fretta, che Brindisi è lontana, che il tramonto, l’imbarco… oh, ma un’altra volta sì, con vero piacere… Arrivederci. La piccola comitiva torna a bordo, dove il ricordo di quelle chiacchiere scatena “risusque iocosque” (risate e scherzi). Per quanto Orazio non racconti tutto questo è ragionevole pensare che nessuno dell’altolocata comitiva di cui egli faceva parte sottrasse tempo al viaggio per andare a vedere come stavano effettivamente le cose. Diversamente, il primo libro delle Satire avrebbe contemplato altri versi in proposito. Quanto a quell’incenso miracoloso, non si può escludere il trucco, la messinscena orchestrata da sacerdoti avidi e meschini per strappare ai gonzi offerte consistenti. Chissà, quella pietra doveva essere resa rovente da carboni sottostanti che con un mantice un servitore alimentava di nascosto. Né si può escludere l’illusionismo… Ciò che urta è trovare conferma di come da sempre i ministri dei culti tendano a lucrare sulla credulità del popolino. Smaliziati come si conveniva a personaggi della Roma-bene dell’epoca imperiale, Orazio, Mecenate e compagni non potevano farsi menare per il naso da quattro furbastri dall’aria ieratica, le vesti esotiche, gli ornamenti strani, i gesti e le parole oscure.
Italo Interesse
Pubblicato il 22 Luglio 2017