Cultura e Spettacoli

Il tufo, recupero e spettacolo

Si parla spesso di devastazione ambientale. Ad esempio, la riqualificazione del lungomare di Fesca-San Girolamo ha significato la scomparsa degli ultimi tratti di scogliera originale sopravvissuti nel barese. Anche in passato, però, questi scempi non erano rari. La scogliera di Capitolo (e ciò vale anche per altri tratti di costa compresi tra Polignano e Mola) è segnata qua e là da ‘tagli’ di una regolarità sconosciuta a Madre Natura. Ebbene, lì, in epoca imprecisata e che potrebbe essere stata anche remotissima, si cavava il tufo. Ma perché cavare questo calcare poroso proprio in riva al mare, e con tutti gli inconvenienti delle burrasche, quando anche l’entroterra è ricco di giacimenti di questo tipo? Perché in questo modo si veniva ad abbattere una delle spese principali : l’eliminazione della vegetazione e del terreno superficiale. Il lavoro veniva eseguito a mano, e con modalità rimaste invariate sino al XX secolo. Armati dello ‘zocco’, un particolare tipo di piccone, i cavamonti aprivano nella roccia un solco sottile e profondo una trentina di centimetri. Dopo, a intervalli regolari, con l’impiego della mannara (strumento simile ma più grande dello zocco) all’interno dello stesso solco venivano praticate le ‘finte’, incisioni più larghe al cui interno si inserivano pali di ferro o cunei. Facendo leva su questi era possibile ottenere il distacco dei blocchi desiderati. Benché rudimentale, la tecnica consentiva tagli pressoché ‘chirurgici’, il che ha conferito alle cave abbandonate un aspetto spesso molto singolare. Certo, si tratta sempre di ‘ferite’ inferte al territorio. Esse però non hanno la stessa brutalità delle miniere a cielo aperto di carparo, tipo di roccia ben più compatta e della quale si ha ragione solo al costo di un lavoro approssimativo, ieri lento e stremante a colpi di piccone, oggi rapidissimo per effetto del ricorso alla dinamite. Le cave di tufo abbandonato conservano un fascino curioso. Si pensi a le ‘Tagghiate’, le antiche cave di tufo alle porte di San Giorgio Ionico nel tarantino. Questi corridoi silenziosi, dalle pareti altissime e levigate, qua e là intervallati da colonne tufacee che si levano verso il cielo sormontate da un breve, naturale giardino pensile sprigionano un’atmosfera irresistibile. Strano che non vi abbiano ancora girato un film importante. Ma il momento della riscoperta di questo gioiello è arrivato. Tra l’1 e il 2 luglio le Tagghiate ospiteranno otto compagnie di circo contemporaneo, quindi non di tradizione, provenienti anche dall’estero (Francia, Spagna, Inghilterra, Etiopia..) che daranno spettacolo nell’ambito di un progetto di salvaguardia e recupero finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e realizzato da numerose Istituzioni locali. E questo sembra essere solo l’inizio.

Italo Interesse


Pubblicato il 29 Giugno 2017

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