Il villaggio di cartone
Nel 2010 si girava a Bari il penultimo film di uno dei maggiori cineasti italiani : ‘Il villaggio di cartone’. Il villaggio in questione è una chiesa ormai inagibile che viene dismessa alla presenza del vecchio parroco. L’ambiente viene spogliato di tutto l’arredamento sacro e nemmeno il grande crocifisso si salverà. Incredulo, incapace di distaccarsi dal luogo dove per tanti anni ha esercitato il suo ministero, l’anziano prete si rintana in sacrestia. Nella stessa notte clandestini in fuga trovano rifugio nel tempio sconsacrato, dove finiscono con l’insediarsi. Da questo momento comincia per l’uomo la resurrezione di uno spirito nuovo della missione sacerdotale, così come dallo stesso momento inizia una seconda vita per l’edificio. Un luogo di desolazione si trasforma così in spazio di fratellanza e di accoglienza, un’autentica casa di Dio finalmente depurata di riti stanchi e ipocriti. Unanime il consenso della critica : ‘Un grande film, laico e sacro insieme’ (R. Escobar) ; ‘Un apologo non realistico ma necessario, intriso di cinema, molto teatro e un poco di tv’ (R. Nepoti) ; ‘Più anarchico che mai, Olmi ha radicalizzato il suo pensiero fino a estrarne un puro distillato. Dietro al suo firmatissimo film c’è il travaglio di un sofferto ripensamento approdato al riscatto di una rarefatta serenità, nella speranza che lo svalorizzato paesaggio umano possa riacquistare un significato’ ( M. Porro). Perché Olmi volle intitolare così il suo film? La risposta può essere contenuta in una dichiarazione dello stesso regista rilasciata nel corso di un’intervista ; “Se non apriamo le nostre case, compresa la casa più intima, che è il nostro animo, siamo solo uomini di cartone”… E’ il caso di ricordare che alla stesura della sceneggiatura collaborò anche il Cardinale Gianfranco Ravasi. Se il film, giustamente, non passò in sordina, la sua lavorazione fu un segreto per tutti. Questo perché il set fu uno solo e interamente al coperto, perciò al sicuro da curiosi e perdigiorno. Gli unici due ambienti in cui si svolge la storia, la sacrestia e la chiesa, vennero ricostruiti a dimensioni naturali all’interno del Palaflorio… Tale apparente ‘miracolo’ porta a riflettere sull’inutilizzo delle grandi strutture di questa città. Per esempio, non fosse per una grossa catena di ristorazione che da un paio d’anni occupa un’ala dell’ingresso monumentale della Fiera, l’intero complesso continuerebbe a dormire. Spazi tali da ospitare anche un Jumbo jet languiscono da sempre per più di trecento giorni l’anno. Se si volesse finalmente spostare altrove una Campionaria dalla formula stantia e superata, di quell’enorme quartiere si potrebbe fare la Cinecittà delle Puglie… C’è sempre più fame da cinema, qui. – Nell’immagine, sul set di ‘Il villaggio di cartone’ Ermanno Olmi discute col figlio Fabio, direttore della fotografia, prima di un ciack.
Italo Interesse
Pubblicato il 18 Aprile 2018