Il villaggio Trieste ricorda il dramma delle foibe e l’esodo giuliano-dalmata
<<Quando gli angloamericani occuparono Abbazia, il nostro paesino di provenienza in Istria, decisero di “sondare” l’umore della popolazione per capire se gli abitanti fossero più o meno favorevoli alla cessione di quei territori alla Jugoslavia. Così, nei giorni successivi, chiesero con sospetta insistenza ai residenti e ai proprietari degli esercizi commerciali di affiggere, fuori dalle proprie case e dai propri negozi, dei manifesti con le immagini dell’avanzata di Tito o le bandiere jugoslave. Grazie al coraggio di mia madre, una donna che non le mandava certo a dire, rischiando per l’ennesima volta le ritorsioni degli slavi, esponemmo dal balcone di casa nostra, il tricolore italiano. Era l’unica bandiera italiana esposta in tutta Abbazia. Da quel giorno, cominciò il nostro calvario, terminato con l’esproprio della nostra casa e con l’esodo forzato per salvarci dalle persecuzioni>>. Un aneddoto raccontatomi dal Sig. Franco Nuzzo, classe 1938, il quale a soli 7 anni ha dovuto abbandonare la sua terra insieme alla mamma e alla sorella maggiore, per sfuggire – come altri 350 mila connazionali – alla persecuzione e al tragico destino che accomunò oltre 22 mila italiani trucidati e infoibati dai partigiani titini. Un genocidio che, dopo anni di silenzi e negazioni, attende ancora una condanna unanime e una memoria condivisa. Negli anni ’50, la città di Bari fu tra le prime ad ospitare i profughi italiani, ai quali nel 1956 vennero donate le palazzine costituenti il Villaggio Trieste, un quartiere situato tra lo Stadio della Vittoria e la Fiera del Levante.Ventisei palazzine per un totale di 316 mini-appartamenti con le quali circa mille esuli ricominciarono a vivere dopo aver perso tutto. Si perché le terre e le case di proprietà degli italiani in Venezia Giulia, Istria, Dalmazia, Grecia e in tutti quei territori del nord-est che fino alla fine del secondo conflitto mondiale appartenevano allo Stato italiano, furono cedute alla Jugoslavia come indennizzo per ripagare i danni di guerra. Ma non bastava, per gli slavi bisognava infierire su un popolo già stremato dagli esiti infausti della guerra. Quindi le persecuzioni, le torture, gli stupri, i tribunali speciali, le foibe e l’esodo. Una vera e propria pulizia etnica che travolse tutto ciò che potesse rappresentare lo Stato o la cultura italiana, non solo ex amministratori del governo fascista e collaboratori dei tedeschi, ma anche uomini di chiesa, donne, bambini, anziani. Non vennero risparmiati neanche i cognomi degli italiani che ottennero il permesso di rimanere nelle proprie terre a patto di convertire le proprie generalità in lingua slovena e croata, così come sono stati convertiti anche i nomi delle città: Fiume (Rijeka), Ragusa (Dubrovnik), Abbazia (Opatija), Zara (Zadar), Pola (Pula) e tutte le altre. Dopo 60 anni, grazie alla legge n. 92 del 30 marzo 2004, è stata istituita la “Giornata del Ricordo” con la quale è possibile “Conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani, dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. Come ogni anno quindi, diverse associazioni culturali cittadine insieme al Villaggio Trieste hanno organizzato una serie di eventi commemorativi: si comincia con la proiezione di “Red Land- Rosso Istria” questa sera, alle 20.30, a cura della Fondazione Tatarella in collaborazione con Anche Cinema Royal, film che tratta della storia di Norma Cossetto, studentessa istriana laureanda all’Università di Padova, simbolo di questa tragedia, torturata, violentata e gettata viva in una foiba dai gendarmi di Tito solo perché figlia di un amministratore locale di Visinada, comune di residenza della giovane martire e della sua famiglia. Le commemorazioni si concluderanno domenica 10 febbraio, al Villaggio Trieste dove, oltre alla consuetudinaria messa per i Caduti celebrata nella chiesa di S. Enrico, ci sarà la deposizione di una corona d’alloro, da parte dei rappresentanti delle istituzioni regionali e cittadine, presso la targa posta in largo Don Policarpo Scagliarini alle ore 16.30,e a seguire partirà la fiaccolata silenziosa per le vie del quartiere, così che gli italiani trucidati possano vivere nel ricordo dei vivi e gli esuli superstiti sappiano che noi “Non dimenticheremo”.
Maria Giovanna Depalma
Pubblicato il 5 Febbraio 2019