Imposte odiose, non sfuggiva neanche la barba
Lungo è l’elenco dei tributi, anche demenziali, imposti nel corso della Storia da questo o quel governante al puro scopo di fare cassa
Il più delle volte le imposte tornano indigeste. E peggio vengono tollerate se il Contribuente vede in esse l’ennesimo pretesto dell’Erario per fare cassa. E’ il caso del tributo sui social introdotto dall’Uganda o di quella ‘sul respiro’, cui sono assoggettati i passeggeri che transitano per l’aeroporto internazionale di Maiquetia a Caracas (il pagamento avrebbe lo scopo di ammortizzare il costo del sistema di filtraggio dell’aria installato nel 2014). In Romania, nel 2011, venne imposto ad astrologi, chiromanti e altri operatori dell’occulto di dichiarare i propri redditi e di versarne allo Stato il 16%. Dal sito di uno studio commerciale di Macerata si apprende pure che in molti paesi UE gli allevatori di mucche devono pagare una tassa per ogni bovino per ragioni ecologiche : Studi recenti avrebbero dimostrato che il metano rilasciato dalle mucche attraverso le flatulenze può incidere tra il 10% e 18% dei gas-serra ; in testa a questa classifica troviamo la Danimarca con cento euro di importo). Una delle imposte più odiose che ricordano gli italiani è quella sul celibato, introdotta nel 1926 e abrogata nel 1943, che colpiva i maschi celibi di età compresa fra i 25 e i 65 anni (fine della tassa era incrementare le nascite per mettere a disposizione dello Stato il maggior numero di braccia lavorative – e di soldati – con cui inseguire sogni di grandezza imperiale). Il contributo partiva da 70 lire tra i 25 e i 35 anni, saliva a 100 fino ai cinquant’anni per poi scendere a 50. L’importo veniva devoluto all’Opera Nazionale Maternità e Infanzia. Retrocedendo ancora, un’altra assurdità fiscale risale all’epoca zarista. Il 5 settembre 1698 in Russia entrava in vigore la ‘Tassa sulla barba’. Nell’idea di modernizzare il proprio paese ed avvicinarlo al più progredito Occidente, lo zar Pietro il Grande aveva condizionato il diritto a conservare la barba al pagamento di un tributo. Chi non avesse adempiuto a tale obbligo, a partire dal 5 settembre 1698, avrebbe dovuto pagare una tassa del valore proporzionale al proprio reddito, ricevendo un gettone metallico a garanzia dell’avvenuto pagamento. Qualsiasi persona fosse stata trovata con la barba e sprovvista del gettone, sarebbe incorsa nell’immediata rasatura, da eseguirsi sul momento e in pubblico. L’imposizione fiscale venne mantenuta anche dai regnanti succeduti a Pietro il Grande per poi essere abolita settantaquattro anni dopo, nel 1772. – Nell’immagine, Hans Nilsen Langseth, l’uomo a tutt’oggi detentore del record in fatto di lunghezza della barba. Nato in Norvegia nel 1846 e in seguito trasferitosi negli Stati Uniti, dove fece il contadino, l’uomo morì a 81 anni senza mai essersi tagliato la barba dall’età di 19. Misurata alla sua morte, la barba si rivelò lunga oltre cinque metri.
Italo Interesse
Pubblicato il 5 Settembre 2023