Cultura e Spettacoli

In angustum contemnenda coacta (8)

Ecco le tre contradditorie tappe di avvicinamento di renzi al ”referendum”  sulla controriforma costituzionale da lui “petata”: 1)Se, egli dice, vinceranno i “NO”, è evidente che, non potendo essi non essere “NO” a chi ha pensato e voluto, fortemente, la riforma costituzionale, non potrò rimanere un istante in più a “Palazzo Chigi”. I “NO” non potranno  non essere considerati, da me e dai miei avversari, un voto di sfiducia al mio operato e, quindi, non potrò non trarne le necessarie conseguenze.2)Il voto, egli prosegue, sulla riforma costituzionale, pur, scritta dal governo, presieduto da me, non dovrà, assolutamente, essere analizzato, quale che sia il risultato delle urne, come un voto di fiducia o di sfiducia nei confronti di esso. Pertanto, nella eventualità della vittoria dei “NO”, io e i miei colleghi di governo rimarremo al nostro posto per il bene dell’Italia e dei nostri figli.

3)Se, egli conclude, vinceranno i “NO” io ne trarrò le necessarie conseguenze, ché io rimarrò a “Palazzo Chigi”, se mi sarà data la possibilità di cambiare il paese, ma non sono disponibile a presiedere governicchi, come tanti ce ne sono stati  nei i settanta anni e oltre dalla caduta del regime fascista all’avvento della repubblica. La politica non può totalizzare la vita di un uomo.

Codesto, se proprio non combaciante a puntino, il renzi pensiero, il renzi verbo, cangiante, secondo gli umori del popolicchio italiettino,”sed”, soprattutto, decisamente, metamorfosizzante, quando il putto gigliato è stato incalzato dal suo “tutor”, mèntore, compare, re giorgio che, per il bene dello “stivale”, non ha, ancora, deciso di chiudersi in convento, come Amleto di Shakespeare ad Ofelia Raccomanda, e di risparmiarci le sue, presunte evangeliche, banalità. Intanto, dal dire di renzi, balza, immediatamente, in evidenza il suo progetto di puntare, con la sua controriforma, a fare dell’italietta un paese governato dal famigerato ”uomo solo al comando”, come lo abbiamo avuto per 20 anni con mussolini e con il berluska, quando l’”uomo di arcore”  ha coltivato governi, concimati da molti impresentabili leghisti; da ex di alleanza nazionale in doppiopetto e, a sua insaputa, da qualche esponente, ufficialmente, non, praticamente, in sonno, della mafia e della camorra. Inoltre, renzi si sbaglia (o mente, sapendo di mentire ?), quando blatera di una italiettina instabilità istituzionale, causata dalla breve durata dei governi di coalizione, in cui, “tamen”, la parola decisiva non poteva non essere proferita, non dai capi di governo o dai ministri democattolici, che si avvicendavano, pur per pochi mesi, nei vari palazzi romani del potere, ma dai “deliberati” del sinedrio democattolico, che, essendo, quali che fossero i suoi portavoce, al suo interno o nelle istituzioni, un corruttibilissimo comitato d’affari, fu, ognora, coerente con il suo fondante “dna”. Gli uomini cambiavano, ma il partito – stato rimaneva al potere, da solo o con il codazzo di partitini (anche il psi di craxi era tale!) con i  quali spartiva la torta,  tenendo conto delle percentuali di voti, ottenuti nelle innumeri consultazioni elettorali, inutili per il Bene, la Felicità della plebe italiota. Formalmente, si ebbe una discontinuità con il regime fascista, in quanto il partito – stato fascista aveva al suo vertice mussolini, che durò, in solitudine, a “palazzo Venezia” per venti anni, mentre il partito – stato democattolico durò, tranne brevi parentesi, per 50 anni, a ”palazzo chigi”, a turno, rappresentato dai “leader” delle varie correnti, che lo componevano, il cui collante era stare, gestire al/il il potere e i privilegi collaterali ad esso. La continuità di una politica, che, ad esempio, ha curato la povertà del meridione dell’italietta ché fosse funzionale alla ricchezza del nord di essa, è stata stabile; l’instabilità dei governi è dipesa dal fatto che non tutti tra essi hanno dimostrato di essere capaci di dare stabilità a quella politica. A qualsiasi Seria Storiografia Interessa: Individuare il “filo di Arianna”, mai spezzato, di un depravato modo di gestione del potere da parte di generazioni di politicanti, servi, ininterrottamente, di lobby massoniche indigene e internazionali, della gramigna nostrana di mafie, di camorre, che dal 25 luglio del 1943, giorno, mese, anno del rovinoso capitombolo del regime fascista, ci porta al disastroso oggi; non dare pagelle ai governi, non a coloro che, con varie  procedure: colpi di stato, eventi rivoluzionari o anche, leggi, democraticamente, formulate, hanno tenuto o mantenuto, per, qualche tempo, i cadreghini di essi.  Dalla prima metà del secolo scorso alla prima metà del nostro secolo leggi elettorali sono state proposte e approvate, ma sui risultati del governare gli italiettini non hanno avuto influenza alcuna: essi sono stati nel medesimo spazio di tempo, inequivocabilmente, catastrofici, in quanto la forbice tra i pochi ricchi e la moltitudine dei poveri si è negli anni, vieppiù, allargata. Proprio in questi giorni sono stati pubblicati allarmanti Dati “ISTAT” sulla povertà nell’italietta dai quali veniamo informati che: famiglie in povertà assoluta sono pari a 1 milione e 582 mila e gli individui 4 milioni e 598 mila. E’ in aumento la povertà delle famiglie numerose. Triplicano i giovani in assoluta povertà. Nel mezzogiorno sono povere 4 famiglie su 10. La povertà assoluta è in aumento al nord. Comunque, per Intellettuale Curiosità, Esaminiamo la “Legge acerbo” che permise a mussolini di diventare il “capo”; la “Proporzionale”, con la quale il democattolico de gasperi e i numerosissimi suoi futuri sodali diedero l’assalto alla diligenza italiettina; l’ ”Italicum” con la quale renzi vuole rinverdire i nefasti del regime ventennale del predappiano. Dunque, alle elezioni del 1924 si votò con la “Legge Acerbo”, voluta da mussolini, per assicurare al partito “nazionalfascista” una forte maggioranza parlamentare. La “Legge Acerbo” modificava il sistema proporzionale in vigore nel 1919, integrandolo con un premio di maggioranza in quota fissa, pari a 2/3 dei seggi, a beneficio del partito più votato, qualora questi avesse superato il “quorum” del 25%. La “Legge Acerbo” forni all’esecutivo mussoliniano il machiavello, cioè, la maggioranza parlamentare, ispirata, costituita dal capo (mussolini) del partito – stato fascista, candidando alle elezioni i suoi fedelissimi e facendoli, attraverso molteplici espedienti, eleggere, d’ innestare, senza ledere, formalmente, la legge, nel tessuto democratico esistente, le novità che oltraggiavamo i principi dello ”Statuto Albertino”; che delegittimavano le finalità del voto elettorale e derubricavano ad antidemocratici rituali, confirmatari di ciò che in alto era stato già deciso, i lavori parlamentari. Nei 50 anni di dominio della balena bianca e dei partitini, che le facevano da sgabello, tutto si decideva, prima e al di fuori delle competenze, delle facoltà degli eletti dal popolo, non da un capo, ma da un ristretto numero di comprimari all’interno delle varie direzioni nazionali dei partiti, di cui sopra, proporzionalmente, rappresentati nelle due aule parlamentari. Nell’era di berlusconi, poi, di renzi, abbiamo assistito, assistiamo all’immancabile ponzare dei due come impallinare i sudditi, delegando ai loro scagnozzi la trasformazione in leggi del frutto perverso del loro cranio, costringendo loro a dare il timbro della legalità ai classici suicidi etici, politici delle assemblee rappresentative della “sovranità popolare”, abusando, soprattutto, dei “voti di fiducia”, atto legislativo di cui la Costituzione nostra e i regolamenti parlamentari raccomandano un uso molto sobrio e, unicamente, in caso di assoluta, vera, concreta necessità. Con i “voti di fiducia”, imposti alla sua maggioranza, fatta di idioti familisti “ciaoni” a figli e figlie, renzi ha distrutto la Seconda Parte della Costituzione Italiana: senza l’Attuazione della Quale, è molto improbabile che gli italiettini potranno mai vedere, pienamente, Realizzati i Solenni Principi Contenuti nella Prima Parte di Essa. Renzi, quindi, innovatore ? No! Rottamatore della “casta” (termine, riferito ai politici, preso a prestito dai Giornalisti del “Corriere della Sera”, Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, come tanto altro ha preso a prestito: l’ ”Italicum” dalla “Legge Acerbo” e da alcuna proposte di riforma costituzionale del gelliano berlusconi) ? No!  A meno che non si voglia intendere rottamare l’emarginazione sostanziale dal contare nello scenario del politicume italiettino di poveri ingenui, per usare un’espressione eufemistica, tipo d’alema, veltroni, bersani, il barbuto speranza, l’efebico cuperlo, ché, ad esempio, verdini e il suo “codazzume” ”manent optime” sugli augusti scranni del senato, ad onta della “spada di damocle” di vari conti con la giustizia, per reati di rilevante gravità, che su essi incombe, e  per i quali, prima o poi, dovranno pagare il fio. In ogni caso, a renzi la conservazione del potere val bene un verdini e soci inguardabili! Renzi  è il  seguito politico, si fa per dire, dei 50 anni, che vanno dalla caduta di mussolini a tangentopoli,  stagione in cui, grazie, secondo alcuni, per colpa, secondo altri, alla/ della magistratura, s’ebbe il tracollo della balena bianca e la diaspora in “Forza Italia” del partito, diciamo, socialista di craxi, mentre il pci, con l’abbattimento (in senso materiale e traslato, RiferendoMI allo iato nelle relazioni internazionali tra i paesi incardinati nella “Nato” e quelli nel “Patto di Varsavia”) del muro di berlino, s’era, già, posizionato sul piano inclinato, discendendo il quale, sarebbe scomparso, con i suoi topi, furbescamente, nel fare a gara ad ammettere, finalmente, di non essere stati, giammai, comunisti, mostrandosi ingrati nei riguardi della mucca (il partito) che, per mezzo secolo,  li aveva allattati ed innalzati agli scranni più alti delle istituzioni repubblicane. E’ da una “rocchia” (E’da molto tempo, nella lingua di bitonto) che renzi, i suoi galoppini, le pance, che grugniscono al posto dei cervelli non nella funzione di Pensare, sta rompendo i timpani  nell’italietta e oltre con la parola “cambiamento”, quasi un ”mantra”, un veicolo o strumento, quasi, un’espressione sacra, il cui semplice pronunciare, ristabilirà tra i discendenti di romolo la felicità e l’opulenza dell’età dell’oro. Cambiamento in quale direzione, di cosa, a favore di chi? Basta la parola! Proclamava tanti anni fa uno ”spot” seguitissimo dai sofferenti di stipsi intestinale e, probabilmente (speriamo di ”NO”!!!), dopo le 23 del 4 dicembre 2016, lo stivale intero sarà ammorbato dai miasmi diffusi dai cessi degli italiettni che si saranno, illusoriamente o, provvisoriamente, liberati del “cambronnume” (mafie, insicurezza, ingiustizie, prevaricazioni, malgoverno, esosità del fisco, ecc., ecc., ecc.) accumulato negli anni, se non, addirittura, nei secoli, grazie alla parola “cambiamento” renziano Ma, finendo d’indulgere allo scherzo, cosa vuol, vorrà, può, potrà cambiare il putto di un ex democattolico ? Egli per/in sé, per/in milioni di italiettini, come lui, per cambiare l’ ”hic et nunc” di sé, di essi, dovrebbe Operare una “Rivoluzione Culturale”, dovrebbe Elaborare una Nuova “Weltanschauung”, una Nuova Visione del Mondo, per la quale non si vive in uno stato (che è dove si sta, immobili, nella più oscena anomia etica, direi, anche, estetica del ”particulare” e del familismo  più abbietto. Fa eruttare il ripetere da codesti quarantenni, pronipoti del sessantotto, con schizoide ripetitività: “il bene dei nostri figli!”), federazione di famiglie, di cui parlava Moravia, dallo spirito e dalla sottocultura mafiosa, pur, se non nel delinquere non si esprime, ma in una Comunità, ove Ciascuno Mette Tutto Se Stesso in Comune; Tutto Ciò che Può Fare per Se Stesso, Fa per la Comunità e da Essa Riceve secondo i suoi Bisogni e le sue Necessità. Cambiamento ? Da mille giorni renzi sta a “palazzo chigi”: s’è portato a roma tutti i suoi “amici degli amici fiorentini”; ha riesumato l’ ”editto bulgaro” berlusconiano contro i giornalisti “rai”, appena, appena, non in consonanza con lui; scorazza da un capo all’altro dell’italietta con il costosissimo aereo di stato, per sponsorizzare il “sì” alla sua controriforma, che lo renderebbe più  ospite nella nenniana stanza dei bottoni, mentre dovrebbe secondare la terzietà consona all’alta carica che ricopre. Cambiamento, in fondo, per lui significa azzerare i Diritti di Coloro che in passato non avevano Voce e Diritti, da Essi Conquistati, lottando, duramente, non di rado, con l’Olocausto della Vita. L’abolizione dell’Articolo 18 dello “Statuto dei Lavoratori” ha vanificato tutte le Possibilità nei posti di Lavoro di Guardare con serenità al Futuro. Nella cosiddetta “Buona Scuola” ha ricreato la figura del preside ducetto, copia conforme del ducetto che egli sta tentando di essere a “palazzo chigi”. Per la serenità della “confindustria”, per l’amicizia con marchionne, amministratore delegato dei profitti, da sfruttamento dello stato e degli operai, degli agnelli; per la serenità dei banchieri alla boschi, incapaci di amministrare, non dico, onestamente, ché onesti, perbene, secondo la boschi ministra, si sono rivelati, ma con competenza i risparmi sudati dagli Onesti Veri, senza ombra di dubbio. Non caro renzi, sono, ancora, di devota sudditanza i rapporti dello stato italiettino con la, sempre, famelica curia vaticana ? E obama nel riceverti alla “casa bianca”, quale avvertimento mafioso voleva inoculare nella tua cervice con l’icastico accenno a “patti chiari e amicizia lunga”? Altrimenti, di quale cambiamento vai ciarlando agli ignari ?

 

Pietro aretino, già detto Avena Gaetano    

     

 


Pubblicato il 25 Novembre 2016

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