Cronaca

In marcia contro il ridimensionamento del Di Venere

  “Il tuo ospedale val bene una passeggiata!”, è questo lo slogan che ha riunito ieri, 22 gennaio, un nutrito numero di cittadini della IV Circoscrizione di Bari – Ceglie, Carbonara e Loseto – in marcia per protestare contro il ridimensionamento dell’ospedale Di Venere di Carbonara e lo stop dei lavori di ristrutturazione della stessa struttura sanitaria che pare impediscano ai medici in servizio di parcheggiare l’auto quando in servizio (leggi l’articolo Di Venere, “così mi rifiutarono il parcheggio”). “Un vero caso di malasanità cronica”, commentano i cittadini impauriti dalla possibilità che questi siano i segni di una prossima struttura dell’ospedale. Una paura comprensibile, quella della gente della IV circoscrizione. La struttura sanitaria del Di Venere infatti, serve il diritto alla salute di migliaia di cittadini della periferia nonostante da anni si sia vista sottrarre risorse economiche indispensabili a qualunque nosocomio. Sono diminuiti i medici, i paramedici, i reparti, e, naturalmente, i posti letto. Questi ultimi, infatti, cadono come soldati al fronte: 800 nel 1998, 550 nel 2005, nel 2010 erano 311, scesi a 266 nel 2011 fino ai 170 posti letto di oggi. Un bollettino di guerra che si sconta sulla pelle dei cittadini. “Quale sanità il governatore Vendola vuole lasciare ai cittadini pugliesi e in particolare alla città di Bari?”, chiedono ora i cittadini, mentre marciano con la fiaccola accesa in mano al ritmo dei tamburi della banda locale. “E il Sindaco Emiliano, massimo responsabile della sanità cittadina e della salute dei suoi abitanti, nulla ha da obiettare contro questa situazione che peggiora ogni giorno? E che dire del direttore generale del Di Venere, vuol riportare realmente l’ospedale, come proclamato, ad essere una struttura d’eccellenza come lo fu in passato, o si tratta di una presa in giro?”. Questi cittadini hanno le idee chiare e non vogliono perdere tempo, sicuri su ciò che bisognerebbe fare. “Chiediamo la revoca di ogni provvedimento teso a ridurre le potenzialità del Di Venere, nonché di conoscere per quanto tempo ancora i posti letto del nosocomio continueranno a diminuire mettendo a rischio il diritto alla salute”. E che si torni ad investire, sulla salute delle persone questa volta: con i soldi pubblici però, senza falsa retorica: solo per il sacrosanto diritto alla salute di una comunità periferica che migliaia di voti ha portato nelle tasche di generazioni di politici poi rivelatisi avari al momento di ricambiare, con strutture e servizi, questa vivace comunità.

 La cosa però sarà difficile da mettere in atto, soprattutto se continua il trend di risparmi iniziato da tempo alla Regione. Il Di Venere, infatti, non è l’unico ospedale nel mirino dei politici armati di forbici. È recente la notizia della chiusura della sala operatoria di ginecologia al Policlinico di Bari. La sala delle operazioni chiudeva per concentrare il poco personale disponibile in sala parto. La notizia è l’ennesima di una lunga serie, che riguarda chiusure e spostamenti di reparti nei nosocomi baresi. Solo pochi giorni prima, il Di Venere tornava sui giornali per la chiusura del reparto di Anatomia Patologica. L’opera di spostamento dei macchinari del reparto, pronti per essere trasferiti all’ospedale San Paolo, fu carica di tensione e volarono parole grosse tra i dirigenti del nosocomio e il comitato cittadini a difesa del Di Venere, che si era riunito con lo scopo di manifestare contro la chiusura. “Un vero e proprio assalto al Di Venere”, attaccavano i cittadini. “Non è giusto privar la periferia del diritto di vegliare sui cadaveri dei propri morti”. E se ora tocca ad anatomia, domani potrebbe essere il turno di reparti come Chirurgia e Trasfusionale: queste le indiscrezioni che circolano tra gli addetti ai lavori. Se venissero confermate, si rivelerebbero un altro colpo al cuore del moribondo Di Venere. Ma se i cittadini protestano, i dirigenti fanno il proprio dovere, e anche qualcosina in più…“Ho una Asl da far funzionare e sono anzi fiero che, con l’accorpamento del servizio di Anatomia patologia al San Paolo, ho fatto qualcosa per cui si sta spendendo anche la Società nazionale degli anatomi-patologi”, questo il commento del il direttore generale dell’Azienda sanitaria barese, Domenico Colasanto. Parole che non lasciano ben sperare i cittadini, giunti al punto di dover utilizzare i propri corpi come barriera per impedire che venissero spostati i macchinari. Un tentativo che non ha dato i frutti sperati. Blindato dalle forze dell’ordine, con l’escamotage di bloccare apparentemente i lavori di mattina, si sono fatti allontanare i manifestanti (un centinaio e tra loro anche molti tra medici, infermieri e tecnici dell’ospedale) per poi fare tornare gli addetti ai lavori nel primo pomeriggio col fine di completare l’opera: lo spostamento dei macchinari e la chiusura del reparto sono andati a termine.

 

Mirko Misceo


Pubblicato il 23 Gennaio 2013

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio