Cultura e Spettacoli

In platea la rivincita delle donne

Tutto cominciò con gli attori girovaghi che non potevano essere sepolti in terra consacrata e in teatro ad interpretare i ruoli femminili dovevano essere solo uomini (di qui la necessità di ‘produrre’ ‘castrati’). Poi il vento cambiò e si prese a riconoscere un briciolo di dignità pure ai teatranti. Per cui, sepoltura ‘da cristiani’ e – in teatro – attrici a iosa. Ma qualche pregiudizio resisteva ancora a carico delle donne e limitatamente al pubblico. Ancora nell’Ottocento la presenza delle spettatrici era apprezzata nei palchi, tollerata in loggione, esecrata in platea. Solo agli albori del secolo successivo si cominciò a demolire quest’ultimo avanzo di barbarie. Un’eco di questo trionfo della ragione l’abbiamo colta in un articolo di Giuseppe Marvulli e apparso in ‘Altamura’ del 29 settembre 1905. In occasione dell’inaugurazione del Teatro Mercadante il collega, dopo aver segnalato “moltissime signore leggiadramente aggruppate nei palchi”, osserva che “per la storia dei nostri costumi è degna di nota la presenza di molte signore in platea ; finalmente si sono vinte certe ingiustificate ritrosie fino a ieri dimostrate”. Restando al primo giorno del politeama altamurano, giova anche indicare la sensazione che destò la presenza  di “una signorina corrispondente da un giornale russo” (fonte : ‘Il Meridionale’, 17 settembre). Insomma, a teatro, almeno ieri, le donne non passavano inosservate. Come cellette di un alveare, i palchi dei teatri ospitavano una fauna femminile vivace e civettuola, incline ad accentrare l’attenzione. Le donne migliori si facevano un punto d’onore di sfoggiare il meglio in fatto di acconciature, abiti, pellicce e gioie. Quelle peggiori esaltavano le stesse ‘armi’ al fine di intrigare, fare incetta di amanti, mariti o polli. Nel bene o nel male dovevano sfolgorare. Dal canto suo la galanteria maschile si prestava ad amplificare i termini di questo gioco. Non facevano eccezione in tal senso neanche i giornalisti. Le ‘prime’ erano occasione di cronaca rosa più che  teatrale. Non di rado certi articoli erano pilotati per compiacere personaggi di cui la testata voleva conservare il favore. Un esempio? Consideriamo cosa scrive Candido Turco sulle colonne de Il Mattino di Napoli del 21 settembre 1905 ancora in relazione all’evento di cui sopra. “Tutto il fascino invincibile della grazia femminile” prende talmente il cronista partenopeo da fargli scrivere che “la bellezza delle signore meriterebbe un poema”. “Ognuna di esse formava una nota armoniosa in quella grande sinfonia”. Più avanti Turco scende in dettaglio : la signora Filo Melodia è “leggiadrissima in abito celeste”, la “bellissima” contessa Viti è “elegantissima con le sue figliole”… Scorrono abiti rosa pallido con nastri celesti, merletti neri e collane di grosse perle, crespo bianco con delicatissimi fiori… Tutta la vanità femminile sfila come in passerella. La incornicia una senso tutto maschile e ‘cicisbeo’ dell’ammirazione. L’istinto resta più forte di ogni cosa.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 17 Maggio 2013

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio