Cultura e Spettacoli

In ricordo del poeta e scrittore bitontino Gaetano Avena

Il mondo interiore di Gaetano Avena, multicolore, multi dimensione, ruota attorno alla più tenera delle creature artistiche: la poesia. Cara ormai a pochi (pensiamo a tanta, indifferente editoria contemporanea), trascurata da quasi tutti, sola, negletta, abbandonata nello squallido mondo delle (in)capacità tecnologiche di comprendere l’essenza del bello inteso quale fine e non strumento della comunicazione.

Quella di Gaetano Avena non è l’opera pacata, frutto di un’esperienza di vita serena e condivisa col mondo. La sua lirica è, semmai, il sogno ad occhi aperti, il “doppio” disvelato, il mondo interiore mostrato a quello esterno ritenuto “vero” dai più, ma in fondo pieno di ambiguità e di falsi segnacoli. Avena è stato un poeta per poeti, dacché parlava d’altro rivolgendosi ad “altri”. La sua era la diffidenza dell’intellettuale verso gli intellettuali, cui si rivolgeva spesso con la spontanea irruenza del polemista che non ha soggezione culturale o politica verso nessuno.

Fustigatore di tutte le effimerità manifeste, della politica, del giornalismo, del mondo della Tv, dello spettacolo e dello sport, con uno stile letterario dirompente, a volte con picchi céliniani d’invettiva, Avena non ha mai assunto pose da passatista o rivendicato la superiorità dei bei tempi andati. Il suo continuo andare alla ricerca di caratteri e paesaggi dell’anima ha spesso tradito una religiosità sentimentale che si rinviene, a vari livelli di coscienza, nel costante richiamo alla bellezza del creato, ad una certa qual ingenuità della natura, che ben traspare dalle sue liriche ma che non ne ha fatto un “credente” in senso confessionale. Il suo rapporto con l’oltre si risolve nella poesia, in una forma di santità “altra”, ed è lì che Avena ha cercato e forse anche trovato:

«la Poesia È l’Oltre, / anche i Desiri d’Amore / e, con l’arcano tormento / del “sùbito”, Insegue / per Dissolvere l’inerzia / dell’occhio, della mente / verso la letizia primaverile / di maggio, l’estiva sete dei rii, / la sublime cupezza del nembo ».

Pur col rischio, che a volte si è corso, di vagheggiare alquanto, o d’imprimere alle sue poesie un’inflessione sin troppo leopardiana, Avena è rimasto fedele al suo compito di pensatore e di scrittore libero, in quel suo tentativo, riuscito, di ridare (per dirla con Gogol) alla poesia il suggello dell’arte, così che in questa possano trionfare conoscenza e riflessione.

 

Felice de Sario


Pubblicato il 29 Novembre 2022

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