Cultura e Spettacoli

In scena come sul fronte di guerra

Tra le opere di Domenico Lopez, prolifico drammaturgo dell’Ottocento, spicca ‘La figlia del castellano’, opera che s’ispira a un episodio della battaglia di Bitonto combattuta tra il 24 e il 25 maggio del 1734 fra Spagnoli e Austriaci e conclusasi con la vittoria dei primi (evento che consegnò ai Borbone il Mezzogiorno).  Benché datato, questo dramma storico ritrova luce nelle mani di Paola Martelli in un allestimento dell’Associazione ‘A più voci’, questa settimana in cartellone al Teatro Duse. Ricorrendo al sempre efficace artificio nel teatro nel teatro, l’azione prende le mosse dall’infausto 24 maggio 1915, giorno in cui la solita subdola italietta s’ingolfa nella Grande Guerra. Siamo a Bitonto, dove all’Umberto I (oggi Teatro Traetta) la Pregiata Compagnia Comico Drammatica diretta dal Cav. Antonio Pezzillo si appresta a mettere in scena ‘La figlia del castellano’. Le premesse però sono disastrose : a Bitonto si è presentato solo un terzo della nutrita compagnia… Pezzillo e le tre figlie (attrici inevitabili in una compagnia a conduzione famigliare) non si perdono d’animo. A costo di rivestire più ruoli, di travestire donne da uomini, gettare esordienti allo sbaraglio e sforbiciare allegramente sul testo, riusciranno a non cancellare lo spettacolo. Naturalmente in mezzo a errori grossolani e non meno grossolane pezze a colore.  Fratto in due parti (lo stress che precede l’apertura del sipario e lo stress di quel che ne consegue), ‘La figlia del castellano’ scorre frizzante e senza cali di tensione per 90’. Con leggerezza la Martelli dipinge un piccolo ma convincente affresco del tramonto del Carro dei Tespi, cioè gli ultimi giorni degli attori girovaghi ed affamati, costretti a calcare palcoscenici di provincia, poveri guitti senza speranza di redenzione agli occhi di una società ipocrita e perbenista (in compenso nel Novecento agli attori era riconosciuto il diritto di essere sepolti in terra consacrata). Eroi, piuttosto, ma misconosciuti, mattoni in un muro da escludere dalla gloria e a cui non far caso, alla stessa stregua delle confezioni da carne da cannone buttate nelle trincee a beneficio della  causa savoiarda. E difatti lo spettacolo si chiude con un’appendice non determinante (ma giustificata dal dovere morale, quest’anno più che mai, di ricordare l’eccidio gratuito di seicentomila uomini) nella quale ciascun personaggio, smessi i panni di scena, rende conto del contributo offerto al gigantesco sforzo nazionale. In scena sono Michele Cuonzo, Valentina Gadaleta, Tiziana Gerbino, Cecilia Farina e Claudio Belviso, tutti affiatati e ben calati nelle rispettive parti. Un lavoro gradevole e scattante, che ispira simpatia e sollecita l’applauso.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 23 Giugno 2015

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio