Cultura e Spettacoli

In tempi di Quaresima, Santu Lazzaru mia…

Da mercoledì scorso siamo in Quaresima, periodo tradizionalmente austero che un tempo era caratterizzato da digiuni, preghiere, penitenze e forme di carità. Ma a questa assenza di sorriso, specie nel Salento, non ci stavano tutti. Un po’ la voglia di alleggerire quell’atmosfera mesta, un po’ il bisogno di risolvere il più antico dei problemi tra gente del ‘popolo basso’ (la fame), poveri braccianti ricorrevano ad un curioso espediente : Tutti i venerdì di Quaresima, riuniti in gruppi di musicanti, di notte, andavano in giro per masserie cantando il Santu Lazzaru, un canto ispirato alla Passione di Gesù. Più che animati da grande rigore devozionale, questi furbacchioni miravano ad ottenere forme di cacio, uova, salumi o forme di pane. Non sempre i massari aprivano le porte della dispensa. In questo caso i musicanti, lungi dallo scoraggiarsi, ripetevano il canto una seconda, una terza, anche una quarta volta sino a che, per disperazione, il massaro riottoso non cedeva. Chi prima, chi dopo, cedevano tutti ; il Santu Lazzaru consisteva in una cantilena fortemente ossessiva che, come si dice nel leccese, “tira ‘ntrame”, ovvero produceva insofferenza nervosa nel destinatario. Oggi l’usanza del Santo Lazzaro è tornata a diffondersi nel Salento, con la differenza che a praticarla non sono più comitive di braccianti, bensì di giovani impegnati nel volontariato. Invece che per masserie e borgate, queste nuove, allegre  combriccole girano per rioni. E la gente, piuttosto che all’uso antico, ovvero con  bottiglie di vino o capi di salsiccia, si sdebita di quello che è diventato uno spettacolo presentando pacchi dono, poi consegnati dai volontari a parrocchie ed associazioni filantropiche. A Seclì, Cutrofiano, Aradeo, Casarano e altrove le ‘carovane’ del Santo Lazzaro raccolgono anche denaro per acquistare ambulanze, sostenere famiglie povere, acquistare materiale scolastico. Suonato in origine da orchestrine composte da una tammorra, una chitarra battente, un piffero e nacchere, il canto di Santo Lazzaro è oggi eseguito da ben più nutrite formazioni dove trovano posto anche flauti e violini. Premesso che ne esistono versioni differenti (una anche in griko), veniamo al testo. Il canto alterna versi che parlano delle ultime ore di Cristo ad altri che incitano gli ascoltatori ad essere generosi nei confronti dei musicanti. Non vi si cerchi alcun guizzo poetico. A parte qualche nota di colore, là dove ci si rivolge ai Santi Simone e Marco e alla ‘Nunziata’, il canto di San Lazzaro è solo un pretesto ‘letterario’ per mettere assieme parole in rima coerenti con la Passione e funzionali alla richiesta di un regalo.
italointeresse@alice.it
 
 
 


Pubblicato il 14 Marzo 2011

Articoli Correlati

Back to top button